Quello annunciato in questi giorni è uno “sviluppo” che ci fa comprendere, più sul piano pastorale che su quello dottrinale, che è possibile benedire le coppie in situazioni irregolare e le coppie dello stesso sesso «senza convalidare ufficialmente il loro status o modificare in alcun modo l’insegnamento perenne della Chiesa sul matrimonio».
Una contraddizione? Tutt’altro. Dietro questo ragionamento c’è un percorso coerente avviato da papa Francesco già nei due Sinodi sulla famiglia e poi nell’Esortazione Amoris laetitia: «Nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo. Non mi riferisco solo ai divorziati che vivono una nuova unione, ma a tutti, in qualunque situazione si trovino» (AL 297).
Quindi, se l’obiettivo è quello di “integrare tutti”, di aiutare ciascuno «a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale», è evidente che – come si legge nel nuovo documento – vanno accolti tutti coloro che adorano «il Signore con tanti gesti di profonda fiducia nella sua misericordia e che con questo atteggiamento viene costantemente a chiedere alla madre Chiesa una benedizione».
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