martedì 30 gennaio 2018

70 ani fa moriva il profeta della nonviolenza

Le parole di Mattarella 
"Nel settantesimo anniversario dell'assassinio di Mohandas Karamchand Gandhi, per mano di un fanatico, desidero onorare una figura nobilissima la cui vita di pace e di fratellanza rimane un solenne insegnamento universale.
    Politico e filosofo indiano, asceta, appassionato studioso delle religioni in cui cercava una fede globale per l'umanità, il Mahatma, la Grande Anima, ha saputo interpretare lo spirito migliore della fraternità tra i popoli e la straordinaria forza delle sue battaglie ne hanno fatto un simbolo di integrità morale e di tenacia". Lo scrive il capo dello Stato Sergio Mattarella. "Dall'impegno per i diritti in Sudafrica alla lotta per l'indipendenza dell'India, il suo grande esempio ha ispirato cause di liberazione dell'umanità nel mondo intero, con la pratica della disobbedienza civile e della non violenza.
    Il suo messaggio di incredibile forza risuona ancora oggi nei movimenti che si battono per gli stessi ideali, conclude il Presidente della Repubblica.

sabato 27 gennaio 2018

27 gennaio: Il Giorno dell Memoria



Ogni anno c'è questo appuntamento per ricordare ciò che è accaduto, affinchè non si ripeta.
Ricordare che la vita umana, la storia di ogni persona, di qualsiasi razza, sesso, religione, caratteristiche fisiche, ha una importanza e una dignità che non può essere tolta o sottovalutata con ragionamenti ideologici o con giustificazioni politiche.




 Un sacchetto di biglie (Un sac de billes) è film tratto da un romanzo di Joseph Joffo pubblicato nel 1973. Parigi. Joseph e Maurice Joffo sono due fratelli ebrei che, bambini, vivono nella Francia occupata dai nazisti. Un giorno il padre dice loro che debbono iniziare un lungo viaggio attraverso la Francia per sfuggire alla cattura. Non dovranno mai ammettere, per nessun motivo, di essere ebrei.

sabato 20 gennaio 2018

Difendere l'Amazzonia è difendere la vita

Papa Francesco è stato accolto con entusiasmo dai popoli dell’Amazzonia a Puerto Maldonado. Dopo i canti e le danze di benvenuto da parte degli anziani Arambut, e il saluto del vicario apostolico di Puerto Maldonado, monsignor David Martìnez de Aguirre Guinea, hanno avuto inizio le testimonianze di alcuni rappresentanti dei popoli.

E' stata consegnata l'Enciclica Laudato Sì nelle lingue locali con il sottofondo di un canto Machirenga. 
Una donna di 67 anni ha ricordato come la natura sia stata abusata: fiumi inquinati, foreste abbattute, l’identità stessa minacciata. “Vogliono farci sparire. Stanno distruggendo il pianeta. Se non avremo da mangiare, moriremo di fame. Tutti noi dobbiamo proteggere la nostra terra per vivere in armonia. Grazie Papa per ascoltarci".
Il Papa ha iniziato il suo discorso citando San Francesco ed elencando i nomi di 22 popoli originari presenti all’incontro, “un volto plurale, di un’infinita varietà e di un’enorme ricchezza biologica, culturale, spirituale”. 
Il Papa ha descritto i nemici dell’Amazzonia: il neo-estrattivismo che esercita la sua avidità su petrolio, gas e oro da una parte e dall’altra “la perversione di certe politiche che promuovono la conservazione della natura senza tenere conto dei popoli che la abitano”. I due nemici causano povertà e migrazione dei giovani. “Dobbiamo rompere il paradigma storico che considera l’Amazzonia come una dispensa inesauribile degli Stati senza tener conto dei suoi abitanti”.
“Se, da qualcuno voi siete considerati un ostacolo o un “ingombro”, in verità, con la vostra vita siete memoria viva della missione che Dio ha affidato a tutti noi: avere cura della casa comune. La difesa della terra è difesa della vita: le fuoriuscite di idrocarburi inquinano l’ambiente e minacciano la vita delle famiglie indigene. Dall’estrazione illegale discende anche la piaga della tratta delle persone.
La Chiesa si schiera dalla parte degli scartati e di coloro che soffrono. Il Papa pensa ai Popoli Indigeni in Isolamento Volontario (PIAV), “i più vulnerabili tra i vulnerabili, isolati persino dalle loro stesse etnie, iniziando una storia di reclusione nei luoghi più inaccessibili della foresta per poter vivere in libertà”; “la loro presenza ci ricorda che non possiamo disporre dei beni comuni al ritmo dell’avidità del consumo”.
Non solo l’ambiente, ma anche la famiglia dei popoli originari va difesa, “per non lasciarci catturare da colonialismi ideologici mascherati da progresso che a poco a poco entrano e dilapidano identità culturali e stabiliscono un pensiero uniforme, unico... e debole”. Ascoltate gli anziani, dice, e assicuratevi che i giovani studino ma senza che la scuola cancelli le tradizioni, le lingue, la saggezza ancestrale.
Allo Stato il Papa chiede impegno per l’educazione dei popoli originari, nel rispetto della loro “sapienza ancestrale”, e ai vescovi di continuare a “promuovere spazi di educazione interculturale e bilingue nelle scuole e nelle università”, così come hanno fatto nei secoli i missionari e le missionarie in questi territori. “Non soccombete ai tentativi che ci sono di sradicare la fede cattolica dei vostri popoli. Ogni cultura e ogni visione del cosmo che accoglie il Vangelo arricchisce la Chiesa con la visione di una nuova sfaccettatura del volto di Cristo. Abbiamo bisogno che i popoli originari plasmino culturalmente le Chiese locali amazzoniche. Con questo spirito ho convocato un Sinodo per l’Amazzonia nell’anno 2019.
“Confido nella capacità di resilienza dei popoli e nella vostra capacità di reazione davanti ai difficili momenti che vi tocca vivere. Tinkunakama”, la parola in lingua Quechua che vuol dire “al prossimo incontro”).
Il pranzo con i rappresentanti dei popoli indigeni (Vatican Media)
Il pranzo con i rappresentanti dei popoli indigeni (Vatican Media)


lunedì 15 gennaio 2018

20-28 gennaio: Settimana per l'Unità dei Cristiani

Cercare l’unità: un impegno per tutto l’anno

La data tradizionale per la celebrazione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, nell’emisfero nord, va dal 18 al 25 gennaio, data proposta nel 1908 da padre Paul Wattson, perché compresa tra la festa della cattedra di san Pietro e quella della conversione di san Paolo; assume quindi un significato simbolico. Nell’emisfero sud, in cui gennaio è periodo di vacanza, le chiese celebrano la Settimana di preghiera in altre date, per esempio nel tempo di Pentecoste (come suggerito dal movimento Fede e Costituzione nel 1926), periodo altrettanto simbolico per l’unità della Chiesa.

Potente è la tua mano, Signore (Esodo 15, 6)

Il tema di quest'anno proviene dall'esperienza delle popolazioni dei Caraibi, colonizzate dagli europei e rese schiave.
La regione caraibica è oggi una realtà complessa, il cui nome deriva da uno dei gruppi di indigeni che la popolano: i Kalinago, anticamente chiamati Caribs. La sua vastità geografica, che comprende sia territori sulla terraferma che isole, dà vita ad un mosaico ricco di diverse tradizioni etniche, linguistiche e religiose; è una realtà anche politicamente complessa, che presenta una varietà di sistemi governativi e costituzionali che vanno dalla dipendenza coloniale (inglese, olandese, francese e americana) alle repubbliche nazionali. 

Oggi i cristiani dei Caraibi, appartenenti a diverse tradizioni, vedono la mano di Dio nella fine della schiavitù. L’esperienza dell’opera salvifica di Dio che porta la libertà è seme di unità. 

Gioco


domenica 14 gennaio 2018

Ius fraternitatis

Ho trovato illuminante questa iniziativa di Caritas e società nella parrocchia di san Biagio in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (14 gennaio).
Da oltre 100 anni si celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato.
È una Giornata nata in Italia nel 1914 per aiutare gli italiani che uscivano dal nostro Paese cercare lavoro, speranza e dignità (oltre 20 milioni!).
Con il passare degli anni, da Giornata Italiana è diventata Giornata Mondiale, celebrata per esprimere solidarietà, affetto e concreto aiuto a tutti coloro che hanno lasciato il loro Paese per portare le loro braccia, il loro lavoro e la loro famiglia in un altro Paese.


Caritas di Treviso, Ufficio Migranti della Diocesi di Treviso hanno accolto la proposta della Parrocchia di Olmi di San Biagio che celebra ogni mese il Sabato del Villaggio e dell’Associazione di Volontariato “Piccolo Carro” di San Biagio di Callalta di organizzare una festa in cui è stato consegnato il Certificato di Fraternità agli immigrati che vivono con loro e dei quali condividono la fraternità.

Pensiamo anche alla scuola, dove viviamo e cresciamo insieme fianco a fianco. Una bella idea di scambiarsi un certificato di amicizia e fraternità.

giovedì 11 gennaio 2018

Romea Strata

Se siete camminatori o ciclisti, vi sarete accorti di cartelli come questo intorno a Schio.

ROMEA STRATA è un'iniziativa dell’Ufficio Pellegrinaggio della Diocesi di Vicenza, in collaborazione con il Centro Italiano Studi Compostellani, per la riscoperta d’antiche vie di pellegrinaggio a piedi. 
La scelta del nome oltre a richiamare Roma, la meta più importante a cui i pellegrini - i Romei - puntavano nel loro cammino lungo la penisola, vuole estendere idealmente a tutti i percorsi nel nord-est d’Italia la figliolanza con la strada Romea, la principale via attraversata dai pellegrini medievali che dalle Alpi Orientali attraversando Friuli, Veneto, Emilia Romagna e Toscana raggiungevano la via Francigena per recarsi alle tombe di Pietro e Paolo. Il pellegrinaggio a piedi è una attualissima forma di esperienza con forti implicazioni sociali e ampia ricaduta economica sui territori locali. La ROMEA STRATA non è solo via dello Spirito, ma an­che patrimonio storico-culturale vivo della collettività, da conoscere, promuovere e proteggere.
Ulteriori informazioni:

sabato 6 gennaio 2018

Il Natale Ortodosso



Gli immigrati di fede ortodossa dalla Russia, Ucraina, Bielorussia, Moldavia e Serbia si stanno preparando al Natale. Il giorno della nascita del bambino Gesù è considerato la principale festività in tutte le religioni cristiane, ma non viene festeggiato allo stesso modo nei Paesi cattolici e ortodossi. A cominciare dalla data. Il mondo cattolico e una parte di quello ortodosso, che hanno accettato la riforma del calendario gregoriano nel 1582, onorano il sacro evento il 25 dicembre. La chiesa di Gerusalemme, la chiesa Ortodossa russa, serba, nonché antiche chiese orientali e quella cattolica orientale, lo fanno sempre il 25 dicembre, ma secondo il calendario Giuliano, che cade il 7 gennaio, proclamato nei tre Paesi ufficialmente festivo.

A differenza dalla chiesa cattolica di Roma, nei paesi ortodossi non esiste il presepe come il simbolo della nascita di Cristo. Addobbare l'albero di Natale è invece una tradizione comune. Prima del grande giorno, i fedeli osservano una quaresima di 40 giorni in cui mangiano solo cibi magri, niente carne, latticini e simili. La vigilia è il giorno del rigore: digiuno fino a mezzanotte e tante preghiere. La canonica cena del Natale ortodosso non è ricca: vengono consumati solo uno o due piatti che ricordano ai commensali il sacro evento. La cena passa in un silenzio solenne, e la festa comincia dopo la messa notturna. A tavola si raduna tutta la famiglia, mentre il giorno di Natale (7 gennaio) vengono gli ospiti. Anticamente, i giovani si riversavano fuori mascherati e, girando per le strade, facevano gli scherzi e chiedevano il cibo e da bere nelle case. Dopo il Natale inizia il periodo di “sviati”, 12 giorni santi in cui si susseguono gli eventi dedicati alla nascita e al battesimo di Cristo.

lunedì 1 gennaio 2018

Messaggio di pace

Impariamo ad assumere uno sguardo capace di accorgersi che tutti facciamo «parte di una sola famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale.
Qui trovano fondamento la solidarietà e la condivisione.
Queste parole ci ripropongono l’immagine della nuova Gerusalemme (Is 60, Ap 21) descritta come una città con le porte sempre aperte, per lasciare entrare genti di ogni nazione, che la ammirano e la colmano di ricchezze. La pace è il sovrano che la guida e la giustizia il principio che governa la convivenza al suo interno.
Abbiamo bisogno di rivolgere anche sulla città in cui viviamo questo sguardo contemplativo, «ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia», in altre parole realizzando la promessa della pace.
Osservando i migranti e i rifugiati, questo sguardo saprà scoprire che essi non arrivano a mani vuote: portano un carico di coraggio, capacità, energie e aspirazioni, oltre ai tesori delle loro culture native, e in questo modo arricchiscono la vita delle nazioni che li accolgono. Saprà scorgere anche la creatività, la tenacia e lo spirito di sacrificio di innumerevoli persone, famiglie e comunità che in tutte le parti del mondo aprono la porta e il cuore a migranti e rifugiati, anche dove le risorse non sono abbondanti.
Questo sguardo contemplativo, infine, saprà guidare il discernimento dei responsabili della cosa pubblica, così da spingere le politiche di accoglienza fino al massimo dei «limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso», considerando cioè le esigenze di tutti i membri dell’unica famiglia umana e il bene di ciascuno di essi.
Pope Francis