mercoledì 9 giugno 2021

Genocidi: chiedere perdono è ridare dignità a un popolo

Per decenni i genocidi in Namibia, Ruanda, Repubblica democratica del Congo sono stati nascosti per non ammettere le proprie responsabilità. Qualcosa è cambiato, però, negli ultimi tempi. 

"Le atrocità di massa sono sempre atti politici, inerenze del potere, e sono unite da un filo invisibile: il processo di de-umanizzazione e negazione della dignità delle vittime"» afferma Rosario Aitala, giudice della Corte penale internazionale dell’Aja intervistato da Avvenire. Ecco perché, a distanza di anni, ammettere colpe e responsabilità può avere un senso, restituendo dignità a popoli interi la cui memoria collettiva è stata a lungo ferita.

Nei giorni scorsi, ad un secolo di distanza, è stata la Germania ad ammettere che il massacro delle popolazioni Herero e Nama in Namibia durante il periodo coloniale tra il 1884 e il 1915 fu 'genocidio'. Questo è il frutto di un accordo siglato dopo oltre cinque anni di vere e proprie trattative tra le autorità di Berlino e il Paese africano. A titolo di «riconoscimento per il dolore inumano sofferto dalle vittime», la Germania verserà oltre un miliardo di euro in 30 anni, per sostenere i discendenti di Herero e Nama in progetti 'per la ricostruzione e lo sviluppo'. 

Tra i 65mila e gli 80mila Herero e tra i 10 e i 20mila Nama furono massacrati durante il periodo della dominazione tedesca della Namibia. Dopo la battaglia di Waterberg nell’agosto del 1904, le truppe a cavallo dell’esercito spinsero la popolazione civile Herero, tra cui donne e bambini, in direzione del deserto del Kalahari. Solo in alcune migliaia tornarono vivi da quelle terre. In seguito il generale prussiano di fanteria Lothar von Trotha fu incaricato di sterminare la popolazione.

«Non si può cancellare il passato – ha ammesso ora il ministro tedesco Haas – ma il riconoscimento della colpa e la nostra preghiera di perdono è un passo importante per elaborare i crimini e per plasmare il futuro». In un secondo momento sarà il presidente della Repubblica tedesca, Frank-Walter Steinmaier, ad andare a chiedere perdono direttamente davanti al Parlamento della Namibia.

Nei giorni scorsi storica è stata anche la svolta del presidente francese Emmanuel Macron in visita in Ruanda. Per la prima volta, infatti, un capo dell’Eliseo ha riconosciuto le «responsabilità» della Francia nel genocidio del 1994 perpetrato dagli hutu contro i tutsi. «Responsabilità» e non «complicità», ha voluto rimarcare il presidente. Che non ha comunque presentato scuse, come da alcune parti ci si attendeva. Macron ha pronunciato il suo discorso al Memoriale del genocidio di Gisozi, quartiere della capitale Kigali in cui sono sepolti i resti di oltre 250mila vittime della carneficina commessa dagli hutu fra il 7 aprile e il 17 luglio 1994, che si concluse con la morte di un numero compreso fra 800mila e un milione di tutsi. «La Francia – ha riconosciuto il presidente – non ha capito che, volendo ostacolare un conflitto regionale o una guerra civile, di fatto rimaneva al fianco di un regime colpevole di genocidio. Ignorando gli allarmi degli osservatori più lucidi, Parigi si assunse una responsabilità schiacciante in un ingranaggio che condusse al peggio, e proprio mentre cercava di evitarlo».

Il 'Libero Stato del Congo' era di fatto un dominio privato che Leopoldo II gestì senza alcun controllo. Lo scorso anno, nel sessantesimo dell’indipendenza di Kinshasa, il governo belga ha deciso di creare una commissione parlamentare che cercherà di scrivere la vera storia della colonia, traendo gli insegnamenti del caso. Il prossimo 21 giugno il presidente congolese Félix- Antoine Tshisekedi si recherà a Bruxelles per partecipare alla cerimonia per il rimpatrio dei resti (di fatto solo un dente) dell’eroe nazionale Patrice Emery Lumumba, assassinato nel 1961, pochi mesi dopo l’indipendenza, in circostanze poco chiare. Il 30 sarà invece il re Filippo a recarsi a Kinshasa. «Nel 2020 dobbiamo essere capaci di guardare a questo passato comune con lucidità e discernimento, un passato ricco di disuguaglianze e violenze verso i congolesi », esortò un anno fa l’ex premier belga Sophie Wilmes. Per chiedere scusa, o per cercare la verità, non è mai troppo tardi.

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lunedì 7 giugno 2021

Fatwa dell'Ucoii sui matrimoni forzati


In occasione della scomparsa nel reggiano della giovane Saman Abbas, l’Unione delle comunità islamiche in Italia (UCOII) ha emesso una "fatwa" contro i matrimoni combinati in quanto non trovano giustificazione religiosa. 

Per Saman Abbas, giovane pakistana dal 2016 in Italia, residente a Novellara, nella provincia di Reggio Emilia, l’amore per i selfie, le sneakers e i jeans e il "no" ad un matrimonio combinato dalla famiglia ha quasi sicuramente trascinato con sé una tragica conseguenza.
La comunità islamica italiana respinge e condanna con forza questi comportamenti che sono lesivi della donna e in generale della vita delle persone e che non trovano alcuna giustificazione religiosa, di qui la decisione dell’Ucoii, in concerto con l’Associazione islamica degli Imam e delle Guide religiose, di emettere una fatwa contro i matrimoni combinati. “Come Ucoii – spiega il presidente Yassine Lafram – abbiamo voluto esprimerci in maniera netta, attraverso uno strumento religioso e di una certa rilevanza, cioè una fatwa. Non vogliamo lasciare margine ad ambiguità, questa fatwa arriva per dire no ai matrimoni forzati”. Con la decisione, assolutamente inedita, di emettere una fatwa, dunque l’Ucoii intende dimostrare l’impegno a “portare avanti la cultura del rispetto, della tutela e della sacralità della vita delle persone”. Intende, inoltre, esprimere in modo chiaro il punto di vista della religione rispetto a tali questioni. “La sparizione di Saman – spiega ancora Lafram – ci lascia molto preoccupati, al tempo stesso speranzosi. Anche se ormai c'è poco da sperare nel poterla ritrovare ancora viva. Non sappiamo cosa succederà nelle prossime ore, ma come Ucoii la nostra posizione è nettissima”.

Fonte: Vaticanews

domenica 6 giugno 2021

La scoperta choc in Canada

 

Con il cuore pesante il 27 maggio Tk'emlúps te Secwépemc Kukpi7, il capo Rosanne Casimir confermava una perdita impensabile di cui si parlava ma mai documentata alla scuola residenziale indiana Kamloops. La parola Kamloops è la traduzione inglese della parola Shuswap Tk'emlúps, che significa "dove i fiumi si incontrano", e per secoli è stata la casa dei Tk'emlusemc, "popolo della confluenza". Con l'aiuto di uno specialista di radar capaci di penetrare nel suolo, è emersa la cruda verità – la conferma dei resti di 215 bambini che erano studenti della scuola residenziale indiana di Kamloops.
Tk'emlúps te Secwépemc è la comunità di origine della scuola residenziale indiana di Kamloops che è stata la più grande scuola del sistema scolastico residenziale degli Indian Affairs. 

Non è purtroppo una novità il trattamento riservato dai coloni europei verso le popolazioni indigene e il tentativo di integrazione culturale forzata. La fossa comune è stata scoperta nei pressi della scuola, che faceva parte di una rete creata dal governo, e gestita dalla Chiesa cattolica. La Kamloops Indian Residential School fu attiva da fine ‘800 fino alla fine degli anni ’60, per poi essere chiusa definitivamente nel 1978.  Furono circa 150mila i bambini indigeni separati dalle famiglie e trasferiti in queste scuole, sorte proprio per assimilare i nativi. I bambini, ai quali veniva vietato di parlare la lingua d’origine, venivano spesso abusati e maltrattati, molti pagarono con la vita questa loro diversità.

In una dichiarazione del 31 maggio scorso, i vescovi canadesi avevano espresso il loro “profondo dolore”, riaffermando il loro impegno verso le comunità aborigene del Paese. Questo drammatico ed orribile episodio si aggiunge a una pagina dolorosa della storia del Paese. La Commissione per la verità e la riconciliazione del Canada ha pubblicato un rapporto sulle scuole residenziali più di cinque anni fa. Il documento di quasi 4.000 pagine descriveva in dettaglio l'abuso dei bambini aborigeni nelle istituzioni, dove almeno 3.200 bambini sono morti a causa di abusi e negligenza. Le indagini, incoraggiate anche dal Papa, proseguiranno con la volontà piena del governo di salvaguardare e identificare i resti.

Le parole di ieri di papa Francesco: "La triste scoperta accresce ulteriormente la consapevolezza dei dolori e delle sofferenze del passato. Le autorità politiche e religiose del Canada continuino a collaborare con determinazione per fare luce su quella triste vicenda e impegnarsi umilmente in un cammino di riconciliazione e guarigione. Questi momenti difficili rappresentano un forte richiamo per tutti noi per allontanarci dal modello colonizzatore e anche delle colonizzazioni ideologiche di oggi e camminare fianco a fianco nel dialogo e nel rispetto reciproco e nel riconoscimento dei diritti e dei valori culturali di tutte le figlie e i figli del Canada". 

Vatican News

sabato 5 giugno 2021

Giornata mondiale dell'Ambiente 2021

'Reimagine. Recreate. Restore’ - ‘Ripristinare gli ecosistemi’ é il tema della Giornata mondiale dell'Ambiente 2021. Dal 1974 ogni anno il 5 giugno si intende sensibilizzare governi, imprese e cittadini nei confronti dei temi ambientali più urgenti.
Quest’anno l’attenzione va al ripristino degli ecosistemi sfruttati e danneggiati dall’azione dell’uomo, dalle foreste alle profondità marine.
Questa Giornata mondiale dell'Ambiente darà il via al Decennio delle Nazioni Unite sul ripristino dell’ecosistema (2021-2030), una missione globale per prevenire, arrestare e invertire tale danno e far rivivere milioni di ettari di ecosistemi terrestri e acquatici. Perché un Pianeta sano garantisce mezzi di sussistenza, contrasto ai cambiamenti climatici e alla perdita di biodiversità.
#GenerationRestoration
#WorldEnvironmentDay

venerdì 4 giugno 2021

Divieto di ricordare?

Il ricordo dei fatti tragici di 32 anni fa, la strage di piazza Tienanmen, non è mai stato consentito in Cina, dove l'argomento è ufficialmente oggetto di censura. Nonostante questo Hong Kong, Macao e Taiwan, avevano mantenuto vivo l'anniversario del 4 giugno nel mondo di lingua cinese. 

Oggi però, per la coincidenza di misure anti-Covid e la censura governativa, non ci saranno incontri fisici in Cina dove sono bandite parole sensibili, numeri, fotografie, simboli, emoji e tutto ciò che potrebbe essere un vago riferimento a Tienanmen. Sono stati arrestati Chow Hang-tung, vicepresidente di Alleanza di Hong Kong, il gruppo che dal 1990 organizza la veglia in ricordo delle vittime, e un ragazzo di 20 anni. 

Tutto questo fa riflettere. Può un governo reggersi sull'inibizione della libertà di espressione e continuare a negare il ricordo di misfatti come repressioni violente, genocidi, espropriazioni? Tutto il mondo é strettamente legato allo sviluppo economico e geopolitico della Cina e in questa fase sembra evidente che ci troviamo ad un bivio tra negazione della storia e delle libertà individuali per mantenere il controllo del potere (vedi Egitto con Regeni e Zaki, Russia con Navalni, Bielorussia con Protasevich, Turchia e questione curda e armena...) e l'apertura a fare i conti con la propria storia passata e recente (vedi il ricordo del massacro di Tulsa negli Stati Uniti in questi giorni). 

Per formazione sono portato a credere che solo la verità ci renderá liberi...

giovedì 3 giugno 2021

Estate, tempo di mettersi in cammino...

 

IL CAMMINO SI FA CAMMINANDO

Camminare porta sempre alla scoperta di una nuova via. Ogni strada che si percorre é un lasciarsi andare nelle direzioni più imprevedibili senza sapere esattamente perché e che cosa ci può far deviare al primo incrocio. Anche se attraversiamo gli stessi luoghi percorsi da altri, quello che vediamo è sicuramente diverso, per la stagione, per l'epoca, per la diversa illuminazione e per mille altri motivi, ma soprattutto per la sensibilità con cui interpretiamo il paesaggio circostante. Quando incontriamo un albero possiamo considerarlo in molti modi diversi: possiamo chiederci quanto vale il suo legno o cercare di comprendere la sua struttura biologica; ma possiamo cercare di capire il suo rapporto con l'ambiente e far esperienza della sua bellezza e della sua unicità. Nel primo caso vediamo un oggetto più o meno inanimato, nel secondo caso ci siamo immedesimati in ciò che osserviamo cercando di scoprire la sua essenza, la sua bellezza, il suo mistero. Nel primo caso abbiamo affermato noi stessi, nel secondo abbiamo preso le distanze dal nostro io per aprirci alla "manifestazione" dell'albero. Abbiamo, per così dire allungato il passo, lasciando indietro noi stessi per ritrovarci successivamente percorrendo un'altra strada, il cammino come allegoria della vita, un lasciarsi andare per poi ritrovarsi, cambiati dalle esperienze provate: la gioia, la felicità, l'amore, il caldo o il freddo, il sole, la pioggia, il vento, la novità di situazioni sconosciute, la finzione e la bugia, la maleducazione e l'intemperanza ma anche la sofferenza e la morte appaiono improvvisamente con le sembianze delle persone che incontriamo, delle piccole o grandi esperienze che viviamo, dei panorami che ammiriamo lungo il percorso e, come queste, possono dare felicità o tristezza a seconda che garantiscano doni o privazioni. 


La ricerca di una ragione di vita ha, da sempre, contraddistinto l'esperienza del pellegrino (homo viator) in marcia verso un luogo sacro. Le motivazioni che caratterizzavano questa scelta potevano assumere le sembianze di una prova iniziatica, di un'esperienza penitenziale per le colpe commesse, di una richiesta per ottenere benefici materiali o di un ringraziamento per una grazia ricevuta. E i pellegrini che dalle valli vicentine e dall'alta Lessinia si dirigevano verso il santuario della Madonna della Corona non sfuggivano a questa regola. Ma al di là delle motivazioni singole il pellegrinaggio era e rimane, anche per un non credente, un'esperienza autenticamente religiosa. Dove, se non a contatto con la natura, si possono osservare "gli uccelli del cielo" o gigli del campo", contare le stelle del cielo "se le puoi contare", essere sicuri che "i cieli narrano la gloria di Dio", apprezzare il grano o l'uva "frutto della terra e del lavoro dell'uomo"? E anche se sono convinto che un pellegrinaggio non apra la mente alla comprensione dei grandi dogmi di fede o favorisca incontri ravvicinati con un Dio, sono altrettanto convinto che l'esperienza religiosa del pellegrinaggio stia, molto più umanamente, nel comprendere il bisogno di entrare in contatto con gli altri e con la natura abbandonando diffidenze e timori, interessi e convenienze, orgoglio e ostentazione. Ecco allora che il progetto "Strade e Incroci Magici" con la realizzazione di una guida centrata sul recupero di un'antica tradizione religiosa ben si presta per veicolare questa dimensione orizzontale che ci affratella e ci invita a godere della preziosa ed esaltante esperienza della vita fisica che apprezza il mondo con i suoi colori, le forme, i volti e i paesaggi, le passioni e i sentimenti per scoprire un orizzonte senza limiti che parla dell'eternità e dell'infinito.

Andrea Siviero
Dirigente Scolastico
IPSSAR A. BERTI


martedì 1 giugno 2021

A Tulsa il massacro che cancellò un intero quartiere afroamericano

Un commosso presidente Joe Biden ha celebrato il centesimo anniversario del massacro che ha distrutto una fiorente comunità nera a Tulsa, dichiarando di essere "venuto per riempire il silenzio" su uno dei momenti più oscuri - e a lungo repressi - di violenza razziale della nazione.
 "Alcune ingiustizie sono così atroci, così orribili, così dolorose, che non possono essere sepolte, non importa quanto le persone ci provino", ha detto Biden.  "Solo con la verità si può guarire".
 La commemorazione di Biden della morte di centinaia di neri uccisi da una folla bianca un secolo fa è avvenuta nel mezzo dell'attuale resa dei conti nazionale sulla giustizia razziale.