domenica 31 dicembre 2023

Intelligenza artificiale e pace

I progressi dell’informatica e lo sviluppo delle tecnologie digitali negli ultimi decenni hanno già iniziato a produrre profonde trasformazioni nella società globale e nelle sue dinamiche. I nuovi strumenti digitali stanno cambiando il volto delle comunicazioni, della pubblica amministrazione, dell’istruzione, dei consumi, delle interazioni personali e di innumerevoli altri aspetti della vita quotidiana.

Inoltre, le tecnologie che impiegano una molteplicità di algoritmi possono estrarre, dalle tracce digitali lasciate su internet, dati che consentono di controllare le abitudini mentali e relazionali delle persone a fini commerciali o politici, spesso a loro insaputa, limitandone il consapevole esercizio della libertà di scelta. Infatti, in uno spazio come il web, caratterizzato da un sovraccarico di informazioni, possono strutturare il flusso di dati secondo criteri di selezione non sempre percepiti dall’utente.

Dobbiamo ricordare che la ricerca scientifica e le innovazioni tecnologiche non sono disincarnate dalla realtà e «neutrali», ma soggette alle influenze culturali. In quanto attività pienamente umane, le direzioni che prendono riflettono scelte condizionate dai valori personali, sociali e culturali di ogni epoca. Dicasi lo stesso per i risultati che conseguono: essi, proprio in quanto frutto di approcci specificamente umani al mondo circostante, hanno sempre una dimensione etica, strettamente legata alle decisioni di chi progetta la sperimentazione e indirizza la produzione verso particolari obiettivi.

Questo vale anche per le forme di intelligenza artificiale. Di essa, ad oggi, non esiste una definizione univoca nel mondo della scienza e della tecnologia. Il termine stesso, ormai entrato nel linguaggio comune, abbraccia una varietà di scienze, teorie e tecniche volte a far sì che le macchine riproducano o imitino, nel loro funzionamento, le capacità cognitive degli esseri umani. Parlare al plurale di “forme di intelligenza” può aiutare a sottolineare soprattutto il divario incolmabile che esiste tra questi sistemi, per quanto sorprendenti e potenti, e la persona umana: essi sono, in ultima analisi, “frammentari”, nel senso che possono solo imitare o riprodurre alcune funzioni dell’intelligenza umana. L’uso del plurale evidenzia inoltre che questi dispositivi, molto diversi tra loro, vanno sempre considerati come “sistemi socio-tecnici”. Infatti il loro impatto, al di là della tecnologia di base, dipende non solo dalla progettazione, ma anche dagli obiettivi e dagli interessi di chi li possiede e di chi li sviluppa, nonché dalle situazioni in cui vengono impiegati.

L’intelligenza artificiale, quindi, deve essere intesa come una galassia di realtà diverse e non possiamo presumere a priori che il suo sviluppo apporti un contributo benefico al futuro dell’umanità e alla pace tra i popoli. Tale risultato positivo sarà possibile solo se ci dimostreremo capaci di agire in modo responsabile e di rispettare valori umani fondamentali come «l’inclusione, la trasparenza, la sicurezza, l’equità, la riservatezza e l’affidabilità».

Leggi tutto il Messaggio di papa Francesco per la 57ma Giornata Mondiale della pace

lunedì 25 dicembre 2023

Betlemme, il buio attorno alla mangiatoia

A colpire è l’assenza, così profondamente presente per parafrasare il poeta Mahmoud Darwish, cantore del dolore palestinese. Lungo Hebron road, la via principale tra Gerusalemme e Betlemme, non c’è una singola decorazione natalizia: niente comete intagliate in legno d’olivo né palle colorate né cuori di agrifoglio. Soprattutto niente luci. Sprofondate, come qualunque accenno di festa, nella voragine della guerra a Gaza. La Palestina è spenta nel buio del lutto. La decisione dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), in accordo con le Chiese cristiane, di rinunciare agli addobbi e limitare il Natale alle celebrazioni religiose è il suo grido muto per gli oltre ventimila morti e 50mila feriti della Striscia. Su Hebron road restano, dunque, solo spartitraffico spogli, la sagoma incombente del muro, venticinque check-point e 32 strade sbarrati dall’esercito israeliano. È così dal 7 ottobre quando, in risposta al massacro di Hamas, la Cisgiordania è stata sigillata e i permessi di transito per i 130mila lavoratori in servizio a Israele sono stati cancellati. Diciassettemila di questi provenivano dall’area di Betlemme. 

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Un augurio di Pace a tutti!

 

mercoledì 20 dicembre 2023

La benedizione delle coppie di fatto

Quello annunciato in questi giorni è uno “sviluppo” che ci fa comprendere, più sul piano pastorale che su quello dottrinale, che è possibile benedire le coppie in situazioni irregolare e le coppie dello stesso sesso «senza convalidare ufficialmente il loro status o modificare in alcun modo l’insegnamento perenne della Chiesa sul matrimonio».
Una contraddizione? Tutt’altro. Dietro questo ragionamento c’è un percorso coerente avviato da papa Francesco già nei due Sinodi sulla famiglia e poi nell’Esortazione Amoris laetitia: «Nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo. Non mi riferisco solo ai divorziati che vivono una nuova unione, ma a tutti, in qualunque situazione si trovino» (AL 297).
Quindi, se l’obiettivo è quello di “integrare tutti”, di aiutare ciascuno «a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale», è evidente che – come si legge nel nuovo documento – vanno accolti tutti coloro che adorano «il Signore con tanti gesti di profonda fiducia nella sua misericordia e che con questo atteggiamento viene costantemente a chiedere alla madre Chiesa una benedizione».

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lunedì 18 dicembre 2023

Il consiglio del prete tiktoker: «Fate qualcosa per gli altri»

 «Da ragazzo trascorrevo molte ore di seguito ai video giochi, anche otto, senza mai una pausa. Nemmeno per mangiare», afferma il prete veronese Ambrogio Mazzai, a Cavaion, davanti a decine di bambini e ragazzi, genitori, insegnanti, amministratori, educatori. Parla schietto durante l’incontro serale «I giovani e la sicurezza nel reale e nel virtuale», promosso dall’associazione Gli Invisibili.

«Mi divertivo tanto, il tempo scorreva veloce e la sera ero stanco morto», continua don Mazzai. Ha 31 anni e 350mila follower su Tik Tok, il social più amato dai giovanissimi. Così tanti da avergli fatto conquistare il titolo di «don Tik Tok».

La sensazione di sprecare tempo

Bimbi e adolescenti sono tutt’orecchi, nella sala civica Turri gremita. Il pubblico degli adulti pure. La curiosità è tanta: a furia di «video giocare», com’è finita? «Ho capito che stavo sprecando il mio tempo», spiega il prete, comunicatore nato oltre che studente di questa materia all’università. «Ho iniziato a sentirmi inutile, a provare la brutta sensazione di non aver fatto nulla di buono. Passare così le mie giornate non mi lasciava alcun bel ricordo, come invece accade con viaggi, esperienze, incontri».

Da L'Arena
Foto da Il timone

sabato 16 dicembre 2023

“Jesolo Sand Nativity” sulle orme di Francesco

A ottocento anni dal presepio di San Francesco a Greccio torna “Jesolo Sand Nativity”, la XXI edizione del presepe di sabbia più famoso al mondo sulle orme di Francesco D’Assisi. Dal 2002, infatti, la città di Jesolo ospita il Sand Nativity, una maestosa esposizione di sculture in sabbia realizzate dai migliori artisti provenienti da tutto il mondo. L’importanza della manifestazione e l’apprezzamento da parte del pubblico l’ha portata ad essere uno dei presepi più famosi in Italia e all’estero, tanto da essere ospitato in piazza San Pietro nel Natale 2018. Papa Francesco si emozionò e disse: “Che meraviglia!”. Quello che caratterizza la mostra artistica è la tematica che ogni anno viene conferita all’evento, che arricchisce la tradizionale rappresentazione della Natività. Dopo le edizioni dedicate alle opere di misericordia, agli Esodi nella Bibbia (con riferimento al fenomeno delle migrazioni contemporanee), e al tema della Pace, quest’anno il Sand Nativity ha scelto di celebrare gli 800 anni dal primo presepe rappresentato da San Francesco a Greccio.

Leggi da Agensir

mercoledì 13 dicembre 2023

La luce di Lucia

A Siracusa, invitato dalla Deputazione di Santa Lucia in occasione della festa della patrona, Samorì ha realizzato a olio su lastra di marmo un ritratto di Lucia per la Chiesa di Santa Lucia alla Badia, in Piazza Duomo. Questa nuova opera di Samorì presenta la stessa gestualità estatica che l’artista ha osservato nel Martirio di Santa Lucia (1579) di Deodato Guinaccia, esposto sull’altare maggiore, nella stessa chiesa. Nel focalizzarsi sul volto di Lucia, Samorì è ricorso al processo del blend, tipico dell’intelligenza artificiale, che permette di ottenere un’immagine che racchiude in sé le caratteristiche di più immagini. Nel dipinto, come in precedenti raffigurazioni della santa realizzate da Samorì, l’artista ha bucato la lastra di marmo in corrispondenza degli occhi di Lucia, e a ha successivamente inserito geodi di calcite nella cavità.

A Napoli la Deputazione della Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro lo ha invece invitato a studiare un progetto da presentare ai devoti in occasione del rito dello scioglimento del sangue del 16 dicembre, Samorì ha scelto in questo caso di esporre due quadri nella sacrestia del Duomo di Napoli. Ispirati rispettivamente a Santa Maria Egiziaca di Ribera (1641) e a San Paolo eremita di Luca Giordano (1644), le opere sono entrambe dipinte su supporto di rame. La mostra ha offerto a Samorì l’occasione di confrontarsi con il Barocco napoletano in luoghi nei quali sono stati creati dei capolavori particolarmente vicini alla sua sensibilità. «Sul piano della devozione popolare- scrive Paparoni in catalogo - Lucia e Gennaro sono tra i santi maggiormente identificati con le città in cui sono nati e che li ha assunti a patroni.

Entrambi martiri cristiani, Lucia e Gennaro sono stati vittime delle persecuzioni di Diocleziano negli stessi anni in aree geografiche non distanti, aree geografiche che condividevano e hanno continuato a condividere nei secoli tratti culturali comuni. Entrambi durante il martirio hanno resistito al fuoco ed entrambi sono stati decapitati. […] Quello di Lucia e di Gennaro è dunque un percorso parallelo, che li ha portati per oltre 1700 anni a essere ricordati con narrazioni che hanno alcuni punti di contatto e che fanno di loro figure iconiche, la cui presenza è tutt’oggi viva nella memoria collettiva. È da questo intrecciarsi di convergenze che nasce la doppia esposizione di Nicola Samorì Luce e Sangue, che vede Siracusa e Napoli idealmente legate in un abbraccio tanto virtuale quanto sentito tra le proprie comunità».

Da Avvenire

domenica 10 dicembre 2023

Il premio Nobel per la pace all'attivista iraniana Narges Mohammadi

I figli adolescenti della vincitrice iraniana del Premio Nobel per la pace Narges Mohammadi, attualmente in carcere a Evin, in conferenza stampa a Oslo hanno dichiarato di temere di non incontrare mai più la loro madre, anche se hanno affermato di essere orgogliosi della sua lotta a favore dei diritti umani negati in Iran.

Mohammadi, 51 anni, sta scontando diverse condanne nel famigerato carcere Evin di Teheran con l'accusa di diffondere propaganda antigovernativa, per la sua lotta contro la pena di morte, la tortura e l'uso del velo islamico obbligatorio in Iran.
In una lettera fatta uscire di prigione e pubblicata questa settimana dall'emittente svedese SVT, Mohammadi ha affermato che continuerà a lottare per i diritti umani anche se ciò la porterà alla morte. Ma ha detto che le mancavano di più i suoi figli. (da RaiNews)

Anche l'Europa celebra la lotta per la libertà delle donne iraniane e il sacrificio di Jina Mahsa Amini, la giovane ragazza uccisa dal regime e divenuta simbolo del movimento Donna, Vita e Libertà.

E lo fa assegnando loro il premio Sacharov, la massima onorificenza dell'Eurocamera dedicata a chi lotta per i diritti umani.

Un modo per testimoniare che "il mondo ha ascoltato il vostro grido" e "il Parlamento europeo è con voi", ha detto la presidente Roberta Metsola annunciando la decisione davanti all'Aula di Strasburgo, che l'ha accolta con un applauso lungo oltre un minuto. Un modo anche, nelle parole del presidente francese Emmanuel Macron, di ricordare "con forza l'impegno dell'Europa a favore della libertà". (da Ansa)

Giornata Mondiale dei Diritti Umani, ma "c'è ancora molto da fare"


 "L'Italia aderisce con sentita partecipazione alla campagna di celebrazione promossa dall'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, nella consapevolezza che tale importante anniversario si inserisce in una congiuntura caratterizzata da violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario che offendono la coscienza delle donne e degli uomini del Pianeta".

Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella secondo il quale  "Riconoscimento" e "tutela dei valori supremi della dignità umana, iscritti nella Costituzione" sono "per la Repubblica un'esigenza irrinunciabile, ovunque e in ogni circostanza. Senza diritti umani - universali e interdipendenti - non esistono né libertà né giustizia, né pace duratura né sviluppo sostenibile". Viste le "sfide" del "nostro tempo, abbiamo il dovere di ribadire con rinnovata determinazione principi che - indipendentemente dai contesti politici, economici o culturali - rappresentano per tutti un obbligo morale e un presidio di civiltà". 

"Settantacinque anni fa, il 10 dicembre del '48, veniva firmata la Dichiarazione universale dei diritti umani". Lo ha ricordato il Papa all'Angelus sottolineando come essa sia "una via maestra sulla quale molti passi avanti sono stati fatti. Ma tanti ancora ne mancano e a volte purtroppo si torna indietro L'impegno per i diritti umani non è mai finito. A questo proposito - ha aggiunto il Papa - sono vicino a tutti coloro che, senza proclami, nella vita concreta di ogni giorno, lottano e parlano di persona per difendere i diritti di chi non conta".

Redazione ANSA

sabato 9 dicembre 2023

A '800 anni dal primo presepe, il bambino è insanguinato

Un presepe contro le guerre, gli artigiani di via San Gregorio Armeno prendono posizione contro l’ondata di violenze che sta insanguinando il mondo. Ed è proprio una Madonna ferita con il bambino sanguinante in grembo la statuetta che raffigura il messaggio del Natale 2023: la speranza di una nuova pace mondiale.

La statua della Madonna ferita alla mano destra che tiene sulle ginocchia Gesù Bambino sanguinante in più parti del corpo, e con entrambe le braccia fasciate, è stata inserita nel presepe di via San Gregorio Armeno, la celebre strada dedicata ai pastori di Napoli. (da QN)

Grazie a un’accurata analisi dei dati storici, la medievista Chiara Frugoni collega la Natività francescana al viaggio in Oriente compiuto dal Poverello pochi anni prima (1219-20) non per spirito di conquista, bensì di pace. La studiosa stessa riassume la sua tesi in poche frasi: «Giunto quasi alla fine della sua vita, malatissimo, Francesco sapeva di non poter più rivedere quelle terre lontane verso cui si era mosso con tanto entusiasmo... La greppia di Greccio spegne per Francesco il bisogno del cammino verso la Terra Santa e della sua difesa. Non c’è necessità di attraversare il mare per vibrare d’emozione né di imporre la fede, ritenuta la vera, con la violenza e con le battaglie… Greccio è divenuta una nuova Betlemme attraverso le parole trascinanti di Francesco». (da Avvenire)

Una "Marcia della pace e della fraternità" si svolgerà ad Assisi domenica 10 dicembre.
"Nella Giornata internazionale dei diritti umani, in occasione del 75/o anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani (10 dicembre 1948-2023) organizziamo assieme una nuova Marcia della pace e della fraternità per fermare le stragi.
    Riprendiamo in mano la bussola dei diritti umani!", affermano i promotori, Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace e Coalizione Assisi pace giusta.
    Il programma prevede, alle ore 10.00, un incontro "di riflessione e proposta", alla Domus Pacis di Santa Maria degli Angeli.
    La marcia partirà alle 14.30 da Santa Maria degli Angeli e arriverà in piazza San Francesco, ad Assisi, dove si concluderà intorno alle 16.50.
    Alle 17.00 messa nella Basilica Inferiore di San Francesco.
    Nel loro appello "Fermiamo le stragi", gli organizzatori si rivolgono "a tutte le donne e gli uomini che, dentro e fuori le istituzioni, non hanno smesso di credere nell'impegno per la pace, i diritti umani e la giustizia". (Fonte Ansa)
 

 

giovedì 7 dicembre 2023

Così la "cancel culture" ci priva dell’idea di storia e di cultura

Lo spot dell’Esselunga sulla bambina che ha il sogno di riunire papà e mamma separati, al di là del can-can che ha diviso per alcuni giorni l’opinione pubblica italiana, ha rivelato una semplice incontestabile verità: la sofferenza dei figli per la separazione dei genitori. Senza criminalizzare nessuno o nessuna, ha avuto il merito di porre una questione andando oltre il politicamente corretto, contrariamente a quanto ha commentato il cantautore Roberto Vecchioni, secondo il quale una pubblicità controcorrente avrebbe dovuto mettere in scena due mamme che si sono divise.

Ma oggi è vero esattamente l’opposto: una famiglia composta da un padre e una madre con i figli, magari che decide di stare unita tutta la vita e mette al mondo due o più bambini, rappresenta un modello rivoluzionario. Questo preambolo ci è sembrato necessario per tornare sul tema della cancel culture, versione ultramoderna del politically correct, a cui sono stati dedicati ultimamente alcuni saggi usciti in Italia rilevanti a giudizio di chi scrive, come La correzione del mondo di Davide Piacenza (Einaudi) e Capitalismo woke di Carl Rhodes (Fazi). A cui si aggiunge il recentissimo Chi ha paura dei Greci e dei Romani? di Maurizio Bettini (Einaudi, pagine 172, euro 12).​

Leggi tutto l'articolo di Roberto Righetto su Avvenire

mercoledì 6 dicembre 2023

Dal disorso del papà di Giulia: tutti dobbiamo cambiare

«Carissimi tutti, abbiamo vissuto un tempo di profonda angoscia: ci ha travolto una tempesta terribile e anche adesso questa pioggia di dolore sembra non finire mai.
Ci siamo bagnati, infreddoliti, ma ringrazio le tante persone che si sono strette attorno a noi per portarci il calore del loro abbraccio. [...]

Il femminicidio è spesso il risultato di una cultura che svaluta la vita delle donne, vittime proprio di coloro che avrebbero dovuto amarle e invece sono state vessate, costrette a lunghi periodi di abusi fino a perdere completamente la loro libertà prima di perdere anche la vita. Come può accadere tutto questo? Come è potuto accadere a Giulia? Ci sono tante responsabilità, ma quella educativa ci coinvolge tutti: famiglie, scuola, società civile, mondo dell’informazione. 

Mi rivolgo per primo agli uomini, perché noi per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere. Parliamo agli altri maschi che conosciamo, sfidando la cultura che tende a minimizzare la violenza da parte di uomini apparentemente normali. Dovremmo essere attivamente coinvolti, sfidando la diffusione di responsabilità, ascoltando le donne, e non girando la testa di fronte ai segnali di violenza anche i più lievi. La nostra azione personale è cruciale per rompere il ciclo e creare una cultura di responsabilità e supporto

A chi è genitore come me, parlo con il cuore: insegniamo ai nostri figli il valore del sacrificio e dell’impegno e aiutiamoli anche ad accettare le sconfitte. Creiamo nelle nostre famiglie quel clima che favorisce un dialogo sereno perché diventi possibile educare i nostri figli al rispetto della sacralità di ogni persona, ad una sessualità libera da ogni possesso e all’amore vero che cerca solo il bene dell’altro. 

Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia ci connette in modi straordinari, ma spesso, purtroppo, ci isola e ci priva del contatto umano reale. È essenziale che i giovani imparino a comunicare autenticamente, a guardare negli occhi degli altri, ad aprirsi all’esperienza di chi è più anziano di loro. La mancanza di connessione umana autentica può portare a incomprensioni e a decisioni tragiche. Abbiamo bisogno di ritrovare la capacità di ascoltare e di essere ascoltati, di comunicare realmente con empatia e rispetto.

La scuola ha un ruolo fondamentale nella formazione dei nostri figli. Dobbiamo investire in programmi educativi che insegnino il rispetto reciproco, l’importanza delle relazioni sane e la capacità di gestire i conflitti in modo costruttivo per imparare ad affrontare le difficoltà senza ricorrere alla violenza. La prevenzione della violenza di genere inizia nelle famiglie, ma continua nelle aule scolastiche, e dobbiamo assicurarci che le scuole siano luoghi sicuri e inclusivi per tutti. Anche i media giocano un ruolo cruciale da svolgere in modo responsabile. 

La diffusione di notizie distorte e sensazionalistiche non solo alimenta un’atmosfera morbosa, dando spazio a sciacalli e complottisti, ma può anche contribuire a perpetuare comportamenti violenti. Chiamarsi fuori, cercare giustificazioni, difendere il patriarcato quando qualcuno ha la forza e la disperazione per chiamarlo col suo nome, trasformare le vittime in bersagli solo perché dicono qualcosa con cui magari non siamo d’accordo, non aiuta ad abbattere le barriere. Perché da questo tipo di violenza che è solo apparentemente personale e insensata si esce soltanto sentendoci tutti coinvolti. Anche quando sarebbe facile sentirsi assolti.

Alle istituzioni politiche chiedo di mettere da parte le differenze ideologiche per affrontare unitariamente il flagello della violenza di genere. Abbiamo bisogno di leggi e programmi educativi mirati a prevenire la violenza, a proteggere le vittime e a garantire che i colpevoli siano chiamati a rispondere delle loro azioni. Le forze dell’ordine devono essere dotate delle risorse necessarie per combattere attivamente questa piaga e degli strumenti per riconoscere il pericolo. 

Ma in questo momento di dolore e tristezza, dobbiamo trovare la forza di reagire, di trasformare questa tragedia in una spinta per il cambiamento. La vita di Giulia, la mia Giulia, ci è stata sottratta in modo crudele, ma la sua morte, può anzi deve essere il punto di svolta per porre fine alla terribile piaga della violenza sulle donne.

Grazie a tutti per essere qui oggi: che la memoria di Giulia ci ispiri a lavorare insieme per creare un mondo in cui nessuno debba mai temere per la propria vita. Vi voglio leggere una poesia di Gibran che credo possa dare una reale rappresentazione di come bisognerebbe imparare a vivere: 

“Il vero amore non è ne fisico ne romantico.
Il vero amore è l’accettazione di tutto ciò che è, è stato, sarà e non sarà.
Le persone più felici non sono necessariamente coloro che hanno il meglio di tutto,
ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno.
La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta,
ma di come danzare nella pioggia…” .
[...]
 

Gino Cecchettin è il padre di Giulia, vittima del femminicidio di Vigonovo (Ve).
Il suo intervento ai funerali della figlia

 

martedì 5 dicembre 2023

Giornata mondiale del volontariato. In Italia i volontari sono oltre 6 milioni

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Si celebra il 5 dicembre, per la 34ma volta dalla sua istituzione, la Giornata mondiale del volontariato (International Volunteer Day), nata per volontà delle Nazioni Unite nel 1985 col fine dichiarato di riconoscere il lavoro di chi opera nel settore. Titolo del 2019 è Volontariato per un futuro inclusivo, quanto mai appropriato per l'Italia se si pensa agli attacchi, spesso durissimi, cui quotidianamente è sottoposto il volontariato. La scelta è legata al decimo dei 17 obiettivi fissati dall’Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile: “Ridurre le disuguaglianze all’interno e fra le nazioni”. Perché, come ha scritto lo United Nations Volunteers, agenzia che per l'Onu si occupa dell'organizzazione della manifestazione globale, “il volontariato fornisce alle persone, in particolare a quelle più frequentemente escluse, opportunità che hanno impatto concreto sulle loro vite e svolge un ruolo costruttivo nelle comunità attraverso la messa a disposizione gratuita di tempo e capacità”.

Sostenere il Terzo Settore diventa quindi motore necessario per spingere il mondo nella direzione dell'equità. E, malgrado sovranismi e affini, in Italia la macchina della solidarietà, che nel mondo conta su oltre un miliardo di persone, spinge sull'acceleratore in maniera importante. Secondo le ultime rilevazioni ufficiali dell'Istat, sono oltre 6 milioni e mezzo gli italiani impegnati a vario titolo nel circuito del volontariato (il 12% dell'intera popolazione nazionale). Un settore che contribuisce, e non poco, anche a tirar su la depressa curva occupazionale del presente italiano se è vero, come è vero, che occupa 844mila 775 persone.
A livello di produzione economica, parliamo, spalmato su un totale di 350mila istituzioni no profit, di un fatturato che si aggira intorno ai 64 miliardi. Fatturato che, se da un lato viene messo a rischio dai continui tagli a livello centrale, dall'altro viene accresciuto dai cittadini attraverso un 5X1000 in costante progressione: nel 2018 sono stati devoluti alle associazioni no profit 509 milioni di euro.

Italiani "sonnambuli ed ansiosi" secondo il Censis

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I sonnambuli: ciechi dinanzi ai presagi. Alcuni processi economici e sociali largamente prevedibili nei loro effetti sembrano rimossi dall’agenda collettiva del Paese, o sono comunque sottovalutati. Benché il loro impatto sarà dirompente per la tenuta del sistema, l’insipienza di fronte ai cupi presagi si traduce in una colpevole irresolutezza. La società italiana sembra affetta da sonnambulismo, precipitata in un sonno profondo del calcolo raziocinante che servirebbe per affrontare dinamiche strutturali dagli esiti funesti. Nel 2050 l’Italia avrà perso complessivamente 4,5 milioni di residenti (come se le due più grandi città, Roma e Milano insieme, scomparissero). La flessione demografica sarà il risultato di una diminuzione di 9,1 milioni di persone con meno di 65 anni (in particolare, -3,7 milioni con meno di 35 anni) e di un contestuale aumento di 4,6 milioni di persone con 65 anni e oltre (in particolare, +1,6 milioni con 85 anni e oltre). Si stimano quasi 8 milioni di persone in età attiva in meno nel 2050: una scarsità di lavoratori che avrà un impatto inevitabile sul sistema produttivo e sulla nostra capacità di generare valore. Ma il sonnambulismo non è imputabile solo alle classi dirigenti: è un fenomeno diffuso nella «maggioranza silenziosa» degli italiani. Resi più fragili dal disarmo identitario e politico, al punto che il 56,0% (il 61,4% tra i giovani) è convinto di contare poco nella società. Feriti da un profondo senso di impotenza, se il 60,8% (il 65,3% tra i giovani) prova una grande insicurezza a causa dei tanti rischi inattesi. Delusi dalla globalizzazione, che per il 69,3% ha portato all’Italia più danni che benefici. E rassegnati, se l’80,1% (l’84,1% tra i giovani) è convinto che l’Italia sia irrimediabilmente in declino.

Leggi tutto da Censis

lunedì 4 dicembre 2023

Felice per il meritato successo di Paola Cortellesi

Girato con uno splendido bianco e nero, il film “C’è ancora domani” si muove su un binario neorealista, ricorrendo qua e là a suggestioni brillanti e raccordi musicali (con sequenze quasi da musical). Uno sguardo incisivo e acuto sulla società italiana nell’immediato dopoguerra, erosa da povertà, macerie (anche morali) e da un ingombrante maschilismo che non lasciava spazio alle donne, sia umili che borghesi. Con il personaggio di Delia la Cortellesi sembra recuperare quello di Antonietta interpretata da Sophia Loren in “Una giornata particolare” (1977): una donna schiacciata da un marito, da una famiglia, abituati a sottometterla, a trattarla come irrilevante o invisibile. Il film di Scola era ambientato al tempo del fascismo, quello della Cortellesi sulle macerie, in un Paese in cerca di una nuova identità, ma la condizione della donna non sembra affatto diversa. A ben vedere, in “Una giornata particolare” Antonietta provava a cambiare ma poi rimaneva imbrigliata nella sua prigione domestica, la Delia di “C’è ancora domani” fa di tutto per garantire a se stessa e alla figlia Marcella – simbolo dell’Italia di domani, delle nuove generazioni – un orizzonte di possibilità e di libertà. “C’è ancora domani” è un esordio alla regia riuscito, splendido e commovente. Un’opera stratificata, dolente ma anche illuminata dalla leggerezza della risata. La Cortellesi rimane fedele ai suoi codici interpretativi di matrice sociale, al suo desiderio di raccontare figure di donne che rompono barriere e tabù. Il copione gira sicuro e agile, forte anche di personaggi e interpretazioni efficaci; a imprimere ulteriore pathos e compattezza le musiche di Lele Marchitelli e brani noti come “La sera dei miracoli” di Lucio Dalla e “A bocca chiusa” di Daniele Silvestri.

Da CRVF

domenica 3 dicembre 2023

3 dicembre 2023, Giornata internazionale delle persone con disabilità

 

Si celebra il 3 dicembre di ogni anno la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 per promuovere la consapevolezza e la comprensione delle questioni legate alle persone con disabilità e per mobilitare il supporto per la loro dignità, i loro diritti e il loro benessere.

L’obiettivo principale della giornata è sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di inclusione e accessibilità per le persone con disabilità in tutti gli aspetti della vita sociale, economica, politica e culturale. La giornata offre anche l’opportunità di celebrare i successi e i contributi delle persone con disabilità nella società e l’occasione per riflettere sulla necessità di una società più inclusiva e per sostenere azioni concrete volte a migliorare la vita delle persone con disabilità.

Un miliardo i disabili al mondo

Più di un miliardo al mondo (su 8 miliardi di persone), ossia circa il 15% della popolazione mondiale, vive con qualche forma di disabilità e l’80% vive nei paesi in via di sviluppo.

In Italia, le persone che, a causa di problemi di salute, soffrono di gravi limitazioni che impediscono loro di svolgere attività abituali sono circa 3 milioni e 100 mila, il 5,2% della popolazione. Gli anziani sono i più colpiti: quasi 1 milione e mezzo di ultrasettantacinquenni si trovano in condizione di disabilità e 990.000 di essi sono donne. Ne segue che le persone con limitazioni gravi hanno un’età media molto più elevata di quella del resto della popolazione: 67,5 contro 39,3 anni.

Il 26,9% di queste vive sola, il 26,2% con il coniuge, il 17,3% con il coniuge e i figli, il 7,4% con i figli e senza coniuge, circa il 10% con uno o entrambi i genitori, il restante 12% circa vive in altre tipologie di nucleo familiare. Le persone con disabilità che vivono con genitori anziani sono particolarmente vulnerabili, poiché rischiano di vivere molti anni da sole, senza supporto familiare; questo rischio è, peraltro piuttosto diffuso perché un numero elevato di disabili sopravvive a tutti i componenti della famiglia (genitori e fratelli), anche prima di raggiungere i 65 anni.

Da Adkronos

sabato 2 dicembre 2023

No ai nazionalismi, serve una conversione ecologica multilaterale

La via d’uscita alla crisi climatica è “la via dell’insieme, il multilateralismo”. Ne è convinto il Papa, che nel discorso preparato per la Cop28 di Dubai e letto dal cardinale segretario di Stato, Pietro ParoIin, fa notare che “il mondo sta diventando così multipolare e allo stesso tempo così complesso che è necessario un quadro diverso per una cooperazione efficace”: “Non basta pensare agli equilibri di potere. Si tratta di stabilire regole universali ed efficienti”, la proposta sulla scorta della Laudate Deum. “È preoccupante che il riscaldamento del pianeta si accompagni a un generale raffreddamento del multilateralismo, a una crescente sfiducia nella comunità internazionale, a una perdita della comune coscienza di essere una famiglia di nazioni”, il grido d’allarme del Papa, che cita il discorso di Giovanni Paolo II all’Onu del 1995: “È essenziale ricostruire la fiducia, fondamento del multilateralismo. Ciò vale per la cura del creato così come per la pace: sono le tematiche più urgenti e sono collegate”.

La Laudato si’ è chiara al riguardo:

«La cura per la natura è parte di uno stile di vita che implica capacità di vivere insieme e di comunione. Gesù ci ha ricordato che abbiamo Dio come nostro Padre comune e che questo ci rende fratelli. L’amore fraterno può solo essere gratuito, non può mai essere un compenso per ciò che un altro realizza, né un anticipo per quanto speriamo che faccia. Per questo è possibile amare i nemici. Questa stessa gratuità ci porta ad amare e accettare il vento, il sole o le nubi, benché non si sottomettano al nostro controllo. Per questo possiamo parlare di una fraternità universale». (LS 228).

Relazioni “giuste”, in grado cioè di generare vita, saranno quelle che innanzitutto cambiano il paradigma economico-finanziario talmente insostenibile e ingiusto da portare Papa Francesco a definirlo «un economia che uccide» (Evangelii gaudium, 53). Per limitare e fermare i cambiamenti climatici, l’inquinamento, la devastazione degli ecosistemi e la perdita di biodiversità, abbiamo bisogno di un modello di sviluppo ed economico-finanziario diverso.

 

Inizia l'avvento: tra attenzione e attesa!

 Una bella riflessione su due parole difficili nella nostra epoca di distrazione e impazienza.



venerdì 1 dicembre 2023

Le comunità religiose, palestre di socialità

I migranti sono un vettore di cambiamento sociale e culturale delle società che, volenti o nolenti, li accolgono. Non cambiano gli aspetti fondamentali, come la lingua, il calendario, l’architettura istituzionale, le norme costituzionali, ma si sviluppano fenomeni inediti, talvolta inattesi, soprattutto in ambito urbano. L’esempio di Londra è particolarmente significativo: un tempo era la città più secolarizzata del Regno Unito, mentre oggi è la più religiosa, punteggiata di chiese, sale di preghiera, moschee, templi, soprattutto nelle sue vaste periferie popolari. Il pluralismo religioso è uno dei principali apporti socioculturali dell’immigrazione, e in un Paese quasi monoreligioso come il nostro questo è un aspetto particolarmente rilevante.

Valutare le dimensioni della presenza di religioni minoritarie non è agevole, giacché si tratta di entrare nell’ambito delle convinzioni personali e delle pratiche religiose effettive. Si può fare una stima per l’Italia sulla base dei Paesi di provenienza dei migranti, da cui si delinea una mappa in cui spiccano nell’ordine i musulmani (1.700.000), i cristiani ortodossi (1.500.000), i protestanti di varie denominazioni (oltre 200mila), gli induisti (160mila), i buddhisti (120mila), i sikh (90mila) (IDOS 2020). A questi vanno aggiunti circa 900mila immigrati cattolici, che occupano una posizione per vari aspetti intermedia tra la tradizione religiosa storicamente prevalente nel nostro Paese e i nuovi culti introdotti dagli immigrati. Una ricerca appena pubblicata (Ambrosini, Molli e Naso 2022), promossa dal Centro studi Confronti e dalla Fondazione Lelio e Lisli Basso, approfondisce questo composito panorama con riferimento alla Lombardia, la regione che accoglie il maggior numero d’immigrati e di comunità religiose di origine straniera. Ne riprendiamo qui alcuni spunti.

Da Aggiornamenti sociali