Il mattino del 2 agosto 1983 un piccolo gruppo di noi – insieme a mons. Franco Peradotto, vicario episcopale, che avevamo voluto come presenza della Chiesa – entrava all'Arsenale per la prima volta.
Mi ricordo una frase di Maria, mia moglie: «Io non ci capisco niente, ma ti vedo sereno e ti seguo». Purtroppo, non c’è nemmeno una foto per ricordare quel momento, solo la memoria.
Dal 2 agosto 1983 ho amato l’Arsenale, sono entrato subito nel sogno di Dio e mi ha sempre dato serenità. Io dialogavo con Dio: se Dio ce l’ha dato, non ci farà fare brutta figura. Così è stato e così sarà per sempre, se ognuno entrerà in una fiducia incondizionata in lui, metterà la preghiera al primo posto, accetterà di cambiare un po’ il proprio carattere, entrerà in una responsabilità personale, come se fosse
l’unico a prendersi carico di tutto ciò che avviene. Proprio dalla preghiera nasce la nostra forza; è da lì che attingiamo la fede per accogliere le persone in difficoltà.
È da lì che prende forma la testimonianza che raggiunge la gente in cerca di speranza, i giovani che cercano senso e anche i poveri che accogliamo: tutti possono aprirsi al dono di Dio, nessuno escluso. Tra chi ci frequenta ci sono credenti e non credenti, ci sono appartenenti a molte religioni… siamo tutti
diversi, ma siamo uniti, ci vogliamo bene.
E ora, camminando tra i viali dell’Arsenale, sovente mi faccio il segno della croce, ringrazio Dio per ognuno che ci ha aiutato, per ogni pietra posata, per ogni muro alzato, per le luci, per ogni cosa che vedo e che qualcuno ci ha regalato e sento vicino il giorno in cui, vedendoci vivere nei nostri Arsenali, la gente potrà dire: questa è una porzione di regno di Dio in mezzo a noi.
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