Gli sfollati si sono rifugiati nella giungla, esposti ad un destino incerto, in carenza di cibo, acqua, riparo, igiene, medicine. L’emergenza umanitaria che coinvolge oltre ventimila sfollati.
L’appello del cardinale Bo va al nocciolo della questione: a parte tutti i protocolli internazionali sulla tutela di chiese, templi, scuole, ospedali, e luoghi di valore storico-culturale anche durante i conflitti, «ricordiamo che il sangue che viene versato non è il sangue di un nemico; quelli che sono morti e quelli che sono stati feriti sono i cittadini di questo Paese. Non erano armati; erano dentro la chiesa per proteggere le loro famiglie. Ogni cuore in questo Paese piange per la morte di persone innocenti».
Il cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon e presidente della conferenza episcopale birmana riferisce che la questione del “sangue innocente” versato sul suolo birmano sta agitando i leader religiosi nel Paese e rinnova l’appello per la pacificazione, in un Paese che potrebbe ben presto affrontare una nuova ondata di covid-19. «Il conflitto è un’anomalia crudele in questo momento. La pace è possibile; la pace è l’unica strada»
Gli esponenti di tutte le comunità di fede, i leader religiosi birmani, oggi sono pronti a rilanciare l’iniziativa del forum consultivo sulla pace e la riconciliazione come uno spazio aperto per il dialogo, dicendosi sempre «dalla parte del popolo del Myanmar e pronti a difendere la sacralità della vita umana e auspicando e lavorando «per un mondo senza guerra e violenza».
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