I quaranta giorni che precedono la Pasqua vengono vissuti dai fedeli come un periodo di preparazione e conversione per prepararsi al meglio alla Pasqua. Il digiuno è una delle pratiche quaresimali più note. Che origine e che significato ha questa scelta?
Risponde il teologo Rinaldo Falsini
Risponde il teologo Rinaldo Falsini
L’astinenza, in particolare dalla carne, risale all’Antico Testamento e per alcune circostanze allo stesso mondo pagano, anche se ha avuto ampio sviluppo nel monachesimo cristiano d’Oriente e Occidente. Una severa alimentazione combatteva le tentazioni e la concupiscenza della carne, favorendo l’ascesi e il dominio spirituale del corpo.
Il digiuno con l’astinenza – cioè un pasto al giorno, evitando determinati cibi – è congiunto alla preghiera a Dio e all’elemosina: un trio che, già presente nell’Antico Testamento, contrassegna la pratica penitenziale della Chiesa.
È quanto viene affermato nella nota pastorale della Conferenza episcopale italiana del 1994, Il senso del digiuno e dell’astinenza. Nella penitenza l’uomo è coinvolto nella sua totalità di corpo e spirito: si converte a Dio e lo supplica per il perdono dei peccati, lodando e rendendo grazie; non disprezza il corpo, lo modera, e rinvigorisce lo spirito, non si chiude in sé stesso ma vive la solidarietà che lo lega agli altri uomini.
Ma perché queste tre espressioni rientrino nella prassi penitenziale della Chiesa devono avere un’anima autenticamente religiosa, anzi cristiana. È quanto si propone la citata nota pastorale, in applicazione di una delibera del 1985, sollecitando una convinta ripresa della prassi penitenziale tra i fedeli. Il digiuno dei cristiani trova il modello e il significato originale in Gesù.
Il Signore non impone una pratica di digiuno, ma ne ricorda la necessità contro il maligno e nella sua vita ne indica lo stile e l’obiettivo. Quaranta giorni di digiuno precedono le tentazioni nel deserto, che superò con la ferma adesione alla parola di Dio: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4).
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