La scelta di eliminare ogni riferimento a Gesù in una nota canzone natalizia può essere classificata come un “cortocircuito”, visto che la scuola di Reggio Emilia che ha promosso l’iniziativa porta il nome di “San Giovanni Bosco”, il santo italiano educatore per eccellenza.
Siamo dispiaciuti e addolorati se questa è la strada imboccata dalla scuola pubblica del nostro Paese.
Ne aveva parlato l’Arcivescovo Giacomo Morandi nell’omelia in occasione del Patrono San Prospero il 24 novembre scorso: “L’esperienza e la vita cristiana sono una realtà essenziale della nostra identità sociale e pubblica che non si può e non si deve cancellare, quasi costituisse un potenziale impedimento all’incontro con coloro che provengono da altri contesti culturali e religiosi. L’identità non è un ostacolo al dialogo, al contrario ne è una condizione ed una premessa indispensabile.
Reggio Emilia, da questo punto di vista, ha imparato ad essere una città accogliente, attraversando periodi storici travagliati come quelli dell’immediato dopo guerra, dove le diversità sociali e politiche hanno avuto anche risvolti drammatici e dolorosi. L’accoglienza che abbiamo imparato non può ridimensionare o impoverire la nostra tradizione.
Anzi, mentre rispettiamo chi viene da altre esperienze culturali e religiose, chiediamo di potere condividere e custodire – direi con una certa e sana gelosia – i nostri doni, la nostra tradizione cristiana, i nostri simboli che tanto hanno contribuito alla costruzione della nostra città, del nostro paese Italia e dell’intero continente europeo, che ha nelle radici cristiane una delle sue componenti identitarie fondamentali.
Tra i simboli più amati dal nostro popolo c’è il Presepio, il cui iniziatore fu proprio San Francesco, patrono d’Italia e infaticabile costruttore di pace”.
Papa Leone XIV di recente ha poi affermato: “La storia dell’educazione cattolica è storia dello Spirito all’opera. Chiesa «madre e maestra» non per supremazia, ma per servizio. Gli stili educativi che si sono succeduti mostrano una visione dell’uomo come immagine di Dio, chiamata alla verità e al bene, e un pluralismo di metodi al servizio di questa chiamata. I carismi educativi non sono formule rigide: sono risposte originali ai bisogni di ogni epoca”.
E così ha proseguito: “Orienta il cammino il Patto Educativo Globale. Con gratitudine raccolgo questa eredità profetica affidataci da Papa Francesco. È un invito a fare alleanza e rete per educare alla fraternità universale.
I suoi sette percorsi restano la nostra base: porre al centro la persona; ascoltare bambini e giovani; promuovere la dignità e la piena partecipazione delle donne; riconoscere la famiglia come prima educatrice; aprirsi all’accoglienza e all’inclusione; rinnovare l’economia e la politica al servizio dell’uomo; custodire la casa comune.
Queste ‘stelle’ hanno ispirato scuole, università e comunità educanti nel mondo, generando processi concreti di umanizzazione” (Lettera Apostolica “Disegnare nuove mappe di speranza” di Papa Leone XIV in occasione del LX anniversario della Dichiarazione conciliare Gravissimum educationis, 28 ottobre 2025).
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