Shireen Abu Akleh, di 51 anni, giornalista di Al Jazeera, è rimasta uccisa dopo essere stata colpita da spari alla testa nel corso di scontri fra miliziani palestinesi ed esercito israeliano nel campo profughi di Jenin in Cisgiordania. Con lei c'erano altri tre colleghi, tutti con elmetto, giubotto antiproiettile e pettorina di riconoscimento.
Appena la notizia si è sparsa, amici e colleghi hanno cominciato a radunarsi fuori dalla sua abitazione a Beit Hanina a Gerusalemme. Qui era nata 51 anni fa, in Giordania si era laureata in giornalismo e nel 1997 aveva cominciato a lavorare per al-Jazeera, la prima all news araba costituita l'anno prima, e per l'emittente qatariota copriva i Territori palestinesi occupati.
Sulla dinamica della sua morte rimangono nettamente divise le versioni israeliane e palestinesi: per quest’ultimi si è sin da subito trattato di un omicidio a sangue freddo da parte dell’esercito antagonista.
Al termine della funzione religiosa nella chiesa greco-melchita alla porta di Jaffa della Città Vecchia il feretro della reporter è stato seguito da una folla di migliaia di persone fino al vicino cimitero del Monte Sion, mentre le chiese vicine suonavano le campane.
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