venerdì 31 ottobre 2025

IL GIORNO DEI MORTI

di Andrea Camilleri 

"Nella nottata che passava tra il primo e il due di novembre, ogni casa siciliana dove c’era un picciliddro si popolava di morti. 
Noi nicareddri, prima di andarci a coricare, mettevamo sotto il letto un cesto di vimini che nottetempo i cari morti avrebbero riempito di dolci e di regali che avremmo trovato il 2 mattina...
Dopo un sonno agitato ci svegliavamo all’alba per andare alla cerca...Mai più riproverò il batticuore della trovatura quando sopra un armadio o darrè una porta scoprivo il cesto stracolmo...
I dolci erano quelli rituali, detti “dei morti”: marzapane modellato e dipinto da sembrare frutta, “rami di meli” fatti di farina e miele e altre delizie come viscotti regina...
A un certo momento della matinata, pettinati e col vestito in ordine, andavamo con la famiglia al camposanto a salutare e a ringraziare i morti. Per noi picciliddri era una festa, sciamavamo lungo i viottoli per incontrarci con gli amici, i compagni di scuola: «Che ti portarono quest’anno i morti?». 
Poi, lentamente, anno appresso anno, i morti persero la strada che li portava nelle case dove li aspettavano, felici e svegli fino allo spàsimo, i figli o i figli dei figli. Peccato. Avevamo perduto la possibilità di toccare con mano, materialmente, quel filo che lega la nostra storia personale a quella di chi ci aveva preceduto e “stampato”, come in questi ultimi anni ci hanno spiegato gli scienziati. 
Mentre oggi quel filo lo si può indovinare solo attraverso un microscopio fantascientifico. E così diventiamo più poveri: Montaigne ha scritto che la meditazione sulla morte è meditazione sulla libertà, perché chi ha appreso a morire ha disimparato a servire.".

giovedì 30 ottobre 2025

Global Peace Index 2025: più conflitti, meno pace nel mondo

Secondo l’ultimo rapporto dell’Institute for Economics and Peace, il numero di decessi per conflitti è ai massimi da 25 anni, mentre ben 106 paesi hanno aumentato la loro militarizzazione dal 2023, invertendo la tendenza degli ultimi decenni. La capacità di risolvere i conflitti è oggi al livello più basso degli ultimi cinquant’anni.

Il Global Peace Index valuta 163 paesi – pari al 99,7% della popolazione mondiale – con 23 indicatori tra sicurezza sociale, entità dei conflitti e grado di militarizzazione. La ricerca non si limita ai numeri: analizza le crisi attuali, i rischi geopolitici, l’impatto economico della violenza e il ruolo della pace a livello globale.

Dallo studio emerge una crescente frammentazione geopolitica, con peggioramento dei rapporti tra Stati confinanti: dal 2008, 59 paesi sono diventati meno collaborativi con i vicini. Si registra anche una significativa riduzione delle interazioni globali in campo economico, commerciale, diplomatico e militare. Dal 2022, ogni Stato con armi nucleari ha mantenuto o aumentato il proprio arsenale. La rivalità tra grandi potenze alimenta una corsa agli armamenti high-tech, dai droni AI ai sistemi anti-spaziali.

Nella classifica, l’Islanda si conferma lo Stato più pacifico al mondo per il diciassettesimo anno consecutivo, seguita da Irlanda e Nuova Zelanda. In fondo troviamo Sudan, Ucraina, Russia, Congo, Yemen, Afghanistan e Siria.

L’Italia è al 33esimo posto (in salita di una posizione), ma viene citata perché tra i maggiori esportatori di armi pro-capite al mondo insieme ad altri paesi occidentali.

Emerge che il mondo è oggi meno pacifico, con più conflitti e divisioni, militarizzazione crescente e difficoltà a risolvere le crisi.

Leggi il documento 



mercoledì 29 ottobre 2025

Nostra Aetate, sessant'anni di cammino per il dialogo

Nostra Aetate, promulgata il 28 ottobre 1965, rimane dopo sessant’anni una pietra miliare nel cammino del dialogo tra la Chiesa cattolica e le religioni non cristiane, ispirando una nuova stagione di fraternità universale, rispetto e apertura tra popoli e credenti.

L’ispirazione: una svolta conciliare
Il documento nasce nel contesto di grande fermento e rinnovamento del Concilio Vaticano II, ispirato dalla volontà di costruire ponti di pace con il mondo e con le altre religioni[3][5]. Originariamente pensato per il rapporto con l’ebraismo, Nostra Aetate allarga l’orizzonte a tutte le tradizioni religiose, incarnando la visione che “tutti gli uomini costituiscono una sola comunità” e che la ricerca di Dio attraversa ogni cultura e storia umana.

I contenuti principali: accoglienza, rispetto, fraternità
Nostra Aetate si distingue per cinque punti fondamentali:
- Riconoscimento universale del senso religioso insito nella vita di ogni uomo.
- Stima profonda per le genti dell’islam e riferimento esplicito agli elementi spirituali comuni.
- Riaffermazione del vincolo unico che lega cristianesimo ed ebraismo, superando antiche diffidenze e promuovendo la collaborazione.
- Apertura verso le religioni orientali (induismo, buddismo) e altre tradizioni, valorizzando “quanto è vero e santo” in ciascuna.
- Proclamazione del principio di fratellanza universale e dell’amore come fondamento di ogni relazione umana e religiosa.

Questa apertura non elimina le differenze, ma le considera fonte di arricchimento, chiamando tutte le religioni a camminare nell’armonia e nella pace.

Le conseguenze: sessant’anni di dialogo concreto
La promulgazione della Nostra Aetate ha avviato grandi cambiamenti:
- Favorisce la collaborazione tra le religioni e la costruzione di iniziative comuni per la pace e la giustizia[2][4][6].
- Alimenta la cultura dell’incontro e il superamento di ogni discriminazione e persecuzione religiosa.
- Ha ispirato eventi, studi, progetti educativi e incontri interreligiosi in tutto il mondo, coinvolgendo leader di Ebraismo, Islam, Induismo e molte altre tradizioni.
- Ha posto le basi teologiche e pratiche per la cura reciproca dello spirito religioso condiviso da tutta l’umanità, favorendo la crescita di reti di amicizia e solidarietà.

Sessant’anni dopo, Nostra Aetate conserva intatta la sua profezia di fraternità e dialogo, rinnovando l’impegno religioso, sociale e morale a “camminare insieme nella speranza” in un mondo che ha ancora bisogno di ponti, ascolto e rispetto reciproco.

lunedì 27 ottobre 2025

Marsiglia, stop del giudice al sindaco sul film Sacré-Cœur

Il tribunale di Marsiglia ha bloccato il tentativo del sindaco Benoît Payan di vietare la proiezione del film “Sacré-Cœur” nella sala municipale, ripristinandone la diffusione e aprendo un dibattito nazionale sul rapporto tra laicità e libertà di espressione religiosa.

Il soggetto e le intenzioni del film
“Sacré-Cœur” è un docu-film ideato dai registi Steven e Sabrina Gunnell che racconta la storia e l’attualità della devozione al Sacro Cuore di Gesù, focalizzandosi sulle apparizioni seicentesche alla mistica francese Santa Margherita Maria Alacoque. Il film intreccia ricostruzioni storiche, testimonianze di fedeli e pellegrinaggi ai santuari, evidenziando il ruolo spirituale e sociale di questa tradizione cristiana. La coppia di registi, credenti, narra un percorso personale di conversione e desidera restituire l’amore ricevuto, dando voce al valore universale dell’incontro col Sacro Cuore.

Il divieto di pubblicità e le motivazioni
Nonostante l’ampia distribuzione nelle sale francesi, la campagna pubblicitaria del film è stata vietata da MediaTransports, ente che gestisce gli spazi pubblicitari nei trasporti pubblici parigini e sulle ferrovie. La motivazione ufficiale è il carattere “confessionale e proselitistico” del film, considerato incompatibile con la neutralità imposta dalla laïcité alle istituzioni pubbliche. La scelta ha indignato registi e distributori, che segnalano una disparità: negli stessi spazi appaiono horror o pellicole provocatorie con simbologie religiose, mentre una narrazione positiva sulla fede cristiana viene censurata.

Voci a sostegno e contrarie
A sostenere il film e criticare il provvedimento sono numerosi commentatori cattolici e promotori della libertà di espressione religiosa, che vedono nella decisione una forma di selezione ideologica contraria al vero pluralismo. Secondo loro, la laicità dovrebbe garantire il diritto di parola per tutti, credenti e non credenti. D’altro canto, i fautori della censura ribadiscono l’importanza di mantenere la neutralità confessionale negli spazi pubblici e sottolineano il rischio di “proselitismo” implicito nel film.

Il caso Marsiglia attorno a “Sacré-Cœur” rilancia in Francia il dibattito sul confine tra laicità e censura, mettendo in evidenza le tensioni ancora vive tra fede e spazio pubblico.

domenica 26 ottobre 2025

Sinodo 2025: una Chiesa che si rinnova nel metodo e nel cuore

Sabato 25 ottobre 2025 si è conclusa a Roma la terza e ultima Assemblea del Cammino sinodale della Chiesa italiana, con l’approvazione quasi unanime (oltre il 95% dei voti favorevoli su più di 800 delegati) del documento finale “Lievito di pace e di speranza”.  
È l’atto che chiude quattro anni di ascolto, discernimento e confronto, e che apre una nuova stagione per la Chiesa in Italia.

Un percorso di quattro anni
Il Cammino sinodale era stato inaugurato nel 2021 come risposta all’invito di Papa Francesco a rendere la Chiesa più partecipativa e missionaria.  
Dopo una prima fase di ascolto nelle diocesi, in cui comunità e gruppi locali hanno espresso desideri, ferite e speranze, si sono susseguite tre grandi assemblee nazionali:  
- la prima, nel novembre 2023, per fissare principi e criteri di rinnovamento;  
- la seconda, nell’aprile 2025, segnata da accese discussioni e rinvii sulla bozza del testo;  
- la terza, appena conclusa, dove il consenso è finalmente arrivato dopo mesi di dialoghi, mediazioni e oltre 300 emendamenti integrati nel testo definitivo.

Il presidente della CEI, cardinale Matteo Zuppi, ha parlato di un cammino «che ha superato la logica del “si è sempre fatto così”» e che «aiuta la Chiesa a proteggersi dal protagonismo individuale e a camminare insieme con responsabilità e passione».

La rivoluzione del metodo
La vera innovazione non è solo nei contenuti, ma nel modo di lavorare.  
Per la prima volta, il metodo della “conversazione nello Spirito” — fondato sull’ascolto reciproco, il silenzio orante e la parola condivisa — ha modellato l’intero processo decisionale.  
Ogni partecipante, laico o consacrato, ha avuto spazio per esprimersi, non per convincere o vincere, ma per discernere insieme ciò che lo Spirito suggerisce alla comunità.  
In molti contesti locali, la possibilità di prendere la parola ha rappresentato un’esperienza inedita di libertà, corresponsabilità e fraternità.

Le novità nei contenuti
Le 124 proposte approvate delineano una Chiesa più sinodale e inclusiva. 
Tra i punti più significativi:  
- maggiore valorizzazione dei ministeri laicali e della collaborazione tra laici e clero;  
- attenzione rinnovata a giovani, donne e persone ai margini della vita ecclesiale;  
- impegno per la trasparenza, la giustizia sociale e la cura del creato;  
- apertura pastorale verso le situazioni affettive complesse e le persone omoaffettive e transgender, nel segno dell’inclusione e dell’accompagnamento spirituale.

Il documento invita inoltre le diocesi a trasformare lo spirito sinodale in prassi concreta, rendendo ogni Chiesa locale un luogo di partecipazione e comunione.

Un messaggio al Papa
Alla fine dei lavori, l’assemblea ha inviato un messaggio a Papa Leone XIV, ringraziandolo per aver sostenuto il percorso:  
«Crediamo che la bellezza dell’annuncio del Vangelo sia quella di essere incarnata nelle nostre vite e condivisa con gli uomini e le donne di oggi».  

Un futuro che inizia ora
Il Cammino sinodale non si chiude, dunque, ma cambia forma.  
Il documento “Lievito di pace e di speranza” non è un punto d’arrivo, ma una base su cui ricostruire una Chiesa che vuole essere di tutti e per tutti.  
Una Chiesa che — come ha detto il cardinale Zuppi — ha imparato che l’ascolto non è una perdita di tempo, ma il modo più evangelico di camminare insieme.

Leggi da Avvenire 

sabato 25 ottobre 2025

Dal grido delle periferie al sogno di una nuova umanità

Il 23 ottobre 2025, nell’Aula Paolo VI, Papa Leone XIV ha pronunciato uno dei discorsi più significativi del suo giovane pontificato, rivolgendosi ai rappresentanti dei movimenti popolari giunti da tutto il mondo. Le sue parole hanno tracciato una visione chiara e coraggiosa: il rinnovamento sociale non può nascere dal potere o dal profitto, ma dal basso, dal dolore e dalla speranza delle periferie del mondo.  

Tre diritti sacri: terra, casa e lavoro
Richiamando la storica enciclica Rerum Novarum di Leone XIII, il Papa ha ripreso le tre parole chiave che riassumono la lotta dei movimenti popolari: terra, casa e lavoro. Non come semplici rivendicazioni economiche, ma come diritti sacri, fondamenta di una vita dignitosa per ogni persona. «Ci sto, sono con voi!» — ha detto con forza, a simboleggiare la presenza concreta della Chiesa accanto agli esclusi.  

I poveri come “poeti sociali”
Papa Leone XIV ha voluto restituire ai poveri la loro voce, definendoli “poeti sociali”: uomini e donne capaci di trasformare la sofferenza in speranza, la mancanza in proposta. Nel suo discorso, ha denunciato l’illusione di un progresso dominato da intelligenza artificiale, innovazioni digitali e ricchezza concentrata, ricordando che «l’esclusione è il nuovo volto dell’ingiustizia sociale».  

Tecnologia e giustizia globale
In un passaggio cruciale, il Pontefice ha invitato a riflettere sull’uso delle tecnologie: strumenti che possono servire il bene comune o accrescere le disuguaglianze. Ha chiesto che le “novità” della nostra epoca — dall’intelligenza artificiale alla robotica — non restino nelle mani delle élite, ma diventino risorse condivise a beneficio di tutti.  

Un invito a “camminare insieme”
Concludendo, Papa Leone XIV ha affidato ai movimenti popolari una missione profetica: essere motore di una nuova cultura sociale fondata su fraternità, giustizia e pace. Li ha incoraggiati a perseverare nella lotta, a coltivare speranza e creatività, e ha invocato la protezione di Maria Santissima. «Andate avanti nel cammino, con gioia e speranza» — ha detto, prima di recitare il Padre Nostro in spagnolo, in segno di comunione universale.  

Un pontificato nel segno della solidarietà
Questo discorso segna una continuità con la linea tracciata da Papa Francesco, ma anche l’apertura di una nuova stagione: una Chiesa profetica, vicina ai popoli e alle loro lotte, capace di coniugare fede e giustizia sociale. Nelle parole di Leone XIV vibra un messaggio chiaro: il Vangelo si vive costruendo una società più umana, dove nessuno venga scartato.


venerdì 24 ottobre 2025

Ottant’anni di ONU: tra sogni fondativi e sfide del presente


Nel celebrare l’80° anniversario della fondazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, il 24 ottobre 1945, riaffiora la consapevolezza che l’ONU rappresenta uno dei più ambiziosi progetti politici e morali della storia contemporanea. La sua nascita seguì la devastazione della seconda guerra mondiale e l’inadeguatezza della Società delle Nazioni: i popoli sentivano il bisogno urgente di un’istituzione capace di garantire la pace, la cooperazione e la tutela universale dei diritti fondamentali.

Le radici e gli ideali

L’ONU nacque per “salvare le future generazioni dal flagello della guerra”, come si legge nella Carta delle Nazioni Unite, approvata a San Francisco il 26 giugno 1945 e ratificata il 24 ottobre dello stesso anno. L’obiettivo era quello di costruire un equilibrio mondiale fondato sul diritto, sulla giustizia e sul rispetto della dignità umana. Quella visione rimane ancora oggi il punto di riferimento etico per la diplomazia internazionale.

Le migliori espressioni universali

Nel corso degli anni, i momenti più luminosi dell’ONU si sono tradotti in atti concreti e globali:
- la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948, autentica pietra miliare per la libertà dei popoli;
- le missioni di pace dei Caschi Blu, che in tante aree del mondo hanno impedito o fermato conflitti devastanti;
- l’impegno delle agenzie specializzate (OMS, UNICEF, UNESCO, FAO) nella lotta contro fame, analfabetismo e malattie.

Con gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e poi gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2030, l’ONU ha orientato un linguaggio globale di progresso ambientale e sociale.

Successi e limiti nella storia recente

Tra i successi vanno ricordati i processi di pace in Namibia, El Salvador, Timor Est e Mozambico, oltre al ruolo di mediazione in alcune crisi internazionali. Tuttavia, le difficoltà non sono mancate: dal genocidio in Ruanda all’impotenza davanti alle guerre civili e ai conflitti attuali, come in Siria e Ucraina.

Il Consiglio di Sicurezza, pur fulcro decisionale, resta paralizzato dal diritto di veto dei membri permanenti, limitando così la capacità dell’ONU di agire tempestivamente nei conflitti armati o nelle emergenze umanitarie.

Le sfide dell’epoca attuale

Oggi, a ottant’anni dalla sua fondazione, l’ONU si trova in un contesto geopolitico frammentato, segnato da potenze che spesso preferiscono agire unilateralmente. Il multilateralismo — uno dei suoi cardini — appare indebolito di fronte alle nuove rivalità globali e alla crisi di fiducia verso le istituzioni sovranazionali.

Eppure la sua missione originaria rimane attuale: costruire ponti di pace, promuovere diritti e solidarietà. Rinnovare le Nazioni Unite non significa solo riformarle strutturalmente, ma restituire forza morale e politica a un’idea nata dalla speranza: che la pace, pur fragile, resti il destino comune dell’umanità.

Leggi da UniPd

giovedì 23 ottobre 2025

Storica preghiera in Vaticano con Carlo e Camilla e Papa Leone XIV

Questa mattina, nella suggestiva cornice della Cappella Sistina, si è tenuta una preghiera ecumenica storica presieduta da Papa Leone XIV alla quale hanno partecipato Re Carlo III e la Regina Camilla. L'evento, atteso con grande interesse, rappresenta un momento simbolico di unità tra Chiesa cattolica e le altre tradizioni cristiane. 

La preghiera, organizzata dal Dicastero per la promozione dell'unità dei cristiani, ha sottolineato temi di grande importanza quali la cura del Creato e la riconciliazione tra le diverse confessioni cristiane. La liturgia si è svolta in inglese e latino, con la partecipazione anche di figure rappresentative della Chiesa d'Inghilterra, come l'arcivescovo di York Stephen Cottrell, e autorità religiose della Scozia. 

Questo incontro di preghiera è stato preparato per sottolineare non solo l'importanza del dialogo ecumenico e dell'unità cristiana, ma anche per riflettere sulla responsabilità morale e spirituale condivisa in un momento storico delicato per l'umanità e l'ambiente. La preghiera segna così un gesto di grande valore simbolico, sottolineato anche dalla presenza di Carlo e Camilla che rappresentano un ponte tra culture e confessioni religiose diverse.

Un momento che rimarrà nella storia per la sua dimensione di apertura e di speranza di superamento delle divisioni, celebrato nel luogo più emblematico della fede cattolica, la Cappella Sistina, con Papa Leone XIV in prima linea nel promuovere la compassione e la riconciliazione tra i cristiani.

lunedì 20 ottobre 2025

Teheran dedica una stazione della metropolitana alla Vergine Maria

A Teheran, capitale dell'Iran, è stata inaugurata una stazione della metropolitana con un nome speciale: "Maryam-e Moghaddas" (Santa Maria). La notizia ha fatto il giro del mondo perché in un paese a maggioranza musulmana, dare il nome della Vergine Maria a un luogo pubblico così importante è un gesto significativo.

I numeri del progetto
La costruzione è iniziata nel 2015 e non è stata facile: la stazione si trova a 34 metri di profondità, ha una superficie di 11.000 metri quadrati e per realizzarla sono stati scavati oltre 100.000 metri cubi di terra. Si trova vicino alla chiesa armena di San Sarkis, nel cuore della capitale.

Cosa rende speciale questa stazione?
Oltre al nome, la stazione presenta grandi bassorilievi raffiguranti Gesù e Maria, con un'illuminazione che ricrea l'atmosfera di una chiesa. La comunità armena (la principale minoranza cristiana dell'Iran) ha donato una statua di 2,5 metri che rappresenta Maria con Gesù bambino. Gli elementi decorativi mescolano simbolismo cristiano, riferimenti al Corano e alla poesia persiana.

Due interpretazioni diverse
Come spiega il cardinale Dominique Mathieu, arcivescovo di Teheran, ci sono due modi di vedere questa decisione:
I critici pensano sia solo propaganda, considerando le difficoltà che le minoranze religiose affrontano in Iran
I sostenitori lo vedono come un segno di rispetto verso la comunità armena e di convivenza tra religioni.

Il messaggio del cardinale
L'arcivescovo esprime un augurio poetico: che i passeggeri che attraversano questa stazione possano percepire "uno sguardo pieno di amore" attraverso le immagini di Gesù e Maria, uno sguardo che ci ricorda che siamo tutti "fratelli e sorelle di una casa comune".

Perché è importante?
Questa storia ci mostra quanto possano essere complessi i rapporti tra religioni diverse. Un gesto che per alcuni rappresenta apertura e dialogo, per altri è solo facciata. Quello che è certo è che milioni di persone ogni giorno passeranno da quella stazione, vedranno quelle immagini e, forse, si interrogheranno su cosa significhi davvero vivere insieme nella diversità.

domenica 19 ottobre 2025

Missionari di speranza tra le genti

«Missionari di speranza tra le genti». Questo è il tema scelto dal Papa per la XCIX Giornata Missionaria Mondiale, che si celebra il 19 ottobre 2025, nel cuore dell’Anno Giubilare della Speranza. Nel suo messaggio, il Pontefice richiama tutti i battezzati alla vocazione fondamentale della Chiesa: essere testimoni e costruttori di speranza, in un mondo attraversato da guerre, divisioni e crisi ambientali.  

Rievocando la Bolla Spes non confundit, il Papa invita i cristiani a lasciarsi rigenerare «in Cristo risorto per una speranza viva» (1Pt 1,3-4), e ad affrontare con coraggio “le ombre oscure del tempo presente”, tra disuguaglianze sociali e perdita di fiducia nell’uomo. È un appello a una nuova stagione evangelizzatrice, animata dallo Spirito e da un autentico zelo missionario.

Le missioni nel mondo oggi
Secondo l’ultimo Rapporto dell’Agenzia Fides (ottobre 2025), la Chiesa cattolica conta oggi 1 miliardo e 405 milioni di fedeli, pari al 17,8% della popolazione mondiale, con un leggero aumento rispetto all’anno precedente. Crescono soprattutto le comunità cattoliche in Africa (+8,3 milioni) e America (+5,6 milioni), mentre l’Europa registra una sorprendente ripresa di 740 mila nuovi fedeli.  

Il numero dei missionari laici ha raggiunto 444.606 unità, con aumenti significativi in America e Asia, segno di un crescente protagonismo dei laici nella vita missionaria. In crescita anche i catechisti, saliti a 2,86 milioni nel mondo, soprattutto in Asia e America. Tuttavia, si registra un calo di religiosi e seminaristi, specialmente in Europa e in Asia orientale, segnale di un bisogno rinnovato di vocazioni e formazione spirituale.  

Un invito a rianimare la speranza
La Giornata Missionaria Mondiale 2025 si presenta come un tempo propizio per ravvivare nelle comunità il dono della fede e la gioia dell’annuncio. Come ricorda il Messaggio papale, “essere missionari di speranza” significa testimoniare, con la vita e con la parola, che Dio non è assente dal mondo, ma continua ad agire attraverso chi confida in Lui e si apre all’amore universale.  

In questo spirito, ogni cristiano è chiamato a farsi “luce nei luoghi oscuri”, a servire con dedizione, e a costruire fraternità là dove prevale l’indifferenza. È il volto profetico di una Chiesa che spera, che non si arrende al pessimismo ma risponde, come i missionari di ogni tempo, con il coraggio del Vangelo.

giovedì 16 ottobre 2025

Messaggio di papa Leone alle Reti dei Popoli Originari

Nel suo recente messaggio giubilare, papa Leone XIV — nato negli Stati Uniti e cresciuto in Perù — ha ripreso il cammino avviato da papa Francesco nel denunciare le ombre del colonialismo in America. Dopo cinque secoli, la Chiesa riconosce che la cosiddetta evangelizzazione del continente portò sì frutti culturali e spirituali, ma anche profonde ferite: la distruzione di popoli e culture indigene in nome di una presunta superiorità.

Leone XIV invita oggi a un tempo di perdono e riconciliazione, riconoscendo il male commesso quando la fede si confuse con la conquista. 
Come già fece Francesco, respinge ogni giustificazione religiosa del dominio coloniale e ricorda figure coraggiose come Bartolomé de las Casas, che difesero i diritti degli indigeni.Con sobrietà, il Papa ribadisce che la Chiesa ha ormai rifiutato la “Dottrina della Scoperta”, con cui un tempo si giustificavano le occupazioni europee. Il suo appello ai giovani e ai credenti è chiaro: solo affrontando il passato e chiedendo perdono possiamo costruire un futuro fondato sulla giustizia e sul rispetto di ogni popolo.

martedì 14 ottobre 2025

Aforisma di Gandhi sempre attuale

«L’uomo si distrugge con la politica senza princìpi, col piacere senza coscienza, con la ricchezza senza lavoro, con la conoscenza senza carattere, con gli affari senza moralità, con la scienza senza umanità, con la fede senza sacrifici».

Origine della citazione
Questa citazione deriva dai cosiddetti "Sette peccati sociali" enunciati da Gandhi, che rappresentano le principali cause della distruzione morale e sociale di una comunità secondo il suo pensiero. L’elenco, originariamente pubblicato nel 1925 sul giornale Young India, è così composto:
- Politica senza principi
- Ricchezza senza lavoro
- Piacere/divertimento senza coscienza
- Conoscenza senza carattere
- Affari senza moralità
- Scienza senza umanità
- Religione senza sacrificio.

Circolazione e contesto
La citazione, diffusa anche in italiano in vari articoli, siti di citazioni e profili social, viene spesso collegata agli insegnamenti etici di Gandhi e talvolta accostata a precetti evangelici come il Discorso della Montagna. Alcune fonti riportano che la sua ispirazione deriva anche dalle riflessioni del nipote Arun Gandhi, che ha contribuito alla divulgazione dei principali aforismi del Mahatma.

In inglese, la formulazione originale è “Politics without principle, Wealth without work, Pleasure without conscience, Knowledge without character, Commerce without morality, Science without humanity, Worship without sacrifice”.

lunedì 13 ottobre 2025

Peace 2025

Oggi è stato firmato a Sharm el-Sheikh uno storico accordo di pace tra Israele e Hamas, promosso e siglato dal presidente Donald Trump con la mediazione degli Stati Uniti, Egitto, Qatar e Turchia. L'accordo ha portato alla liberazione di tutti i venti ostaggi israeliani ancora in vita detenuti da Hamas, in cambio del rilascio di quasi duemila prigionieri palestinesi da parte di Israele, segnando la fine di oltre due anni di guerra nella Striscia di Gaza.

Contenuto e portata dell'accordo
L'intesa prevede il cessate il fuoco immediato, la liberazione di ostaggi e prigionieri, il parziale ritiro delle truppe israeliane da Gaza e l'apertura di punti di accesso agli aiuti umanitari.
L'accordo è stato salutato con entusiasmo durante la cerimonia ufficiale e Trump ha parlato apertamente di “giorno storico” e “alba di un nuovo Medio Oriente”, dichiarando che “le preghiere di milioni di persone sono state esaudite”.

Reazioni e consenso globale
Sia l'ONU che l'Unione Europea hanno accolto favorevolmente la svolta, sperando possa aprire alla soluzione definitiva a due Stati e alla stabilizzazione della regione.
Messaggi di plauso sono giunti dal presidente francese, dal premier britannico e dai leader di Russia e Cina; anche molte autorità religiose e rappresentanze della società civile hanno espresso sollievo e speranza.
Tuttavia, non sono mancate voci scettiche: alcuni analisti, gruppi per i diritti umani e una parte dell’opinione pubblica regionale temono che la stabilità possa essere precaria, viste le continue tensioni endemiche e la memoria di eventi precedenti.

Durabilità e prospettive future
L'accordo sancisce la fine ufficiale della guerra, ma la situazione resta fragile: molti osservatori sottolineano la necessità di consolidare la tregua e di avviare negoziati più ampi per risolvere nodi strutturali come il futuro di Gaza, il controllo territoriale e le garanzie di sicurezza reciproca.
Amnesty International e altre organizzazioni umanitarie mettono in guardia dalla tentazione di considerare già garantita una pace duratura: “Molti controlleranno che non si tratti solo di un breve sollievo”.

La Chiesa cattolica ha accolto l’accordo con sollievo e speranza, definendolo un passo realistico e necessario, ma sottolineando che si tratta solo di una prima tappa su una strada molto lunga verso la pace autentica. Papa Leone XIV ha apprezzato il piano di Trump, esprimendo vicinanza alle vittime e rinnovando gli appelli alla preghiera per il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi, chiedendo una soluzione diplomatica rispettosa del diritto internazionale umanitario.
Il Patriarca di Gerusalemme, cardinale Pierbattista Pizzaballa, ha definito l’accordo “una buona notizia”, ma con cautela: “Non è la fine del conflitto, ma un nuovo inizio. La pace nasce solo dalla giustizia e dal riconoscimento reciproco”.
Caritas Gerusalemme ha espresso gratitudine e speranza, sottolineando la volontà di aiutare i feriti e le vittime e preparare la ricostruzione spirituale della Terra Santa.

Leader ebraici e musulmani
Diverse autorità religiose ebraiche e musulmane hanno manifestato approvazione per la fine immediata delle ostilità e l’apertura dei corridoi umanitari, pur con molte riserve sulla effettiva tenuta e sul futuro del riconoscimento reciproco.
La preoccupazione principale rimane la fragilità della situazione, l’enorme sofferenza umana e la necessità che sia davvero solo l’inizio verso una convivenza basata su sicurezza, libertà e pari dignità.

domenica 12 ottobre 2025

Marcia Perugiassisi per la pace e la fraternità

 

La Marcia PerugiAssisi da 64 anni segna una lunga storia d’impegno per la pace e i diritti umani. Una storia fatta di centinaia di migliaia di donne e uomini di tante generazioni e di ogni età. 

Il titolo di quest'anno è "Immagine all the people", immagina tutte le persone vivere insieme in pace e fraternità. In un mondo devastato dall’individualismo, dall’egoismo e dall’indifferenza che uccide e lascia uccidere, mentre lo scontro di interessi alimenta spietate guerre di ogni genere, mentre guerre sanguinose si accaniscono ferocemente contro bambini, donne, malati e anziani, in un mondo intriso di violenza, pieno di muri e confini, mentre si accelera un’incontrollata corsa al riarmo, di fronte ai segni sempre più marcati della “terza guerra mondiale”, noi vogliamo reagire con “un nuovo sogno di fraternità e amicizia sociale”.

Al mondo dell’inevitabile, della guerra inevitabile, della corsa al riarmo inevitabile, dello scontro inevitabile, della competizione inevitabile, delle disuguaglianze inevitabili, dello sfruttamento inevitabile noi rispondiamo con la fraternità e l’amicizia sociale.

Dal Sito 

E’ una marcia PerugiAssisi “che non si vedeva dal 2001 quando ci fu pochi giorni dopo l’invasione dell’Afghanistan seguita all’attacco alle Torri gemelle” quella di oggi. A dirlo è Flavio Lotti, da sempre organizzatore dell’evento, interpellato dall’ANSA. “E’ un fiume di gente, 14 chilometri ininterrotti da Perugia ad Assisi” ha aggiunto. “Tutti quelli che amano la pace non possono che essere felici di questa partecipazione” ha sottolineato Lotti.


Parolin: «Sia fatta giustizia per tutti i popoli»

“Continuiamo a ritenere che quella dei due Stati per due popoli sia la formula che può aiutare a risolvere i problemi e i rapporti tra ebrei e palestinesi ed è perfettamente in linea con quando noi abbiamo sempre chiesto”: lo ha affermato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede, parlando ad Assisi dove ha per presieduto la celebrazione eucaristica in occasione della memoria liturgica di San Carlo Acutis.

sabato 11 ottobre 2025

Papa Leone XIV, appello ai potenti: "Abbiate l'audacia del disarmo"

Leone XIV è tornato a rilanciare il suo appello alla "pace disarmata e disarmante" nell'omelia alla veglia di preghiera che ha guidato in piazza San Pietro. Lo ha fatto citando la richiesta del Vangelo di Giovanni: "Metti via la spada".
"È una parola rivolta ai potenti del mondo", ha spiegato. "Abbiate l'audacia del disarmo!". Ma è anche, ha aggiunto, "una parola rivolta a ciascuno di noi, perché da disarmare è prima di tutto il cuore. Se non c'è pace in noi, non daremo pace".
Riprendendo le parole di Gesù ai discepoli - "I grandi del mondo si costruiscono imperi con il potere e il denaro, ma voi non fate così'" - il Papa ha proposto una conversione dello sguardo: "Guardare il mondo dal basso, con gli occhi di chi soffre, non dall'alto dei potenti".

Le parole di papa Leone 

venerdì 10 ottobre 2025

10 ottobre – Giornata mondiale contro la pena di morte

Oggi, 10 ottobre, il calendario ci ricorda la Giornata mondiale contro la pena di morte, un momento di riflessione e di impegno civile su uno dei temi più controversi e urgenti della nostra epoca.

Quest’anno, il significato di questa ricorrenza è particolarmente drammatico. Gli ultimi dati provenienti dall’Iran mostrano una realtà sconvolgente: nei primi nove mesi del 2025 sono già state eseguite oltre 1.000 condanne a morte, il numero più alto registrato nel Paese negli ultimi quindici anni, superando persino le 972 esecuzioni di tutto il 2024.  
Molte di queste sentenze arrivano al termine di processi gravemente iniqui, dove confessioni estorte con la tortura vengono comunque accettate come prove e gli imputati non hanno accesso a una difesa legale adeguata. Negli ultimi mesi, le autorità iraniane sembrano aver intensificato l’uso della pena capitale non solo come sanzione penale, ma anche come strumento politico per consolidare il potere e reprimere ogni forma di dissenso.

Il fenomeno, però, non riguarda solo l’Iran. Insieme a Arabia Saudita e Iraq, il Paese si conferma tra quelli che più ricorrono a questa pratica. Secondo un recente rapporto globale, nel 2024 sono state registrate almeno 1.518 esecuzioni in 15 Paesi, il dato più alto dal 2015, con un aumento del 32% rispetto all’anno precedente.  
E questo senza contare le migliaia di esecuzioni che si ritiene avvengano ogni anno in Cina, sulle quali il governo mantiene un rigido segreto di Stato.

Eppure, accanto a questa crescita allarmante, esiste anche un segnale di speranza. Alla fine del 2024, 145 Paesi avevano abolito la pena di morte per legge o nella pratica, di cui 113 totalmente. La direzione della storia sembra chiara: la pena capitale sta diventando sempre più inaccettabile agli occhi del mondo intero.

Ma il cammino verso un’abolizione universale richiede ancora impegno quotidiano, azione e consapevolezza. Le voci contrarie alla pena di morte devono farsi più forti, affinché nessuno Stato possa continuare a giustificare una punizione crudele, inumana e degradante come strumento politico o di giustizia.

Oggi, in questa giornata simbolica, l’appello è semplice e diretto: schieriamoci dalla parte dei diritti umani, diciamo NO alla pena di morte. Per chi crede nella giustizia vera, il rispetto della vita è il primo passo verso un mondo più giusto.  

Fonte: Amnesty International 

Maria Corina Machado, premio Nobel per la pace

La vincitrice del Premio Nobel per la Pace 2025 è María Corina Machado, attivista, ingegnera e leader dell’opposizione venezuelana, nota per il suo coraggioso impegno politico nella lotta non violenta per la democrazia e i diritti umani in Venezuela.

Breve biografia e impegno
María Corina Machado, 56 anni, è una figura centrale nella scena politica venezuelana, dove da anni si batte contro il regime di Nicolás Maduro, promuovendo la difesa delle libertà civili e dei diritti fondamentali. Soprannominata la “signora d’acciaio”, Machado ha guidato numerose iniziative di protesta pacifica e si è distinta per la sua fermezza nel richiedere libere elezioni, trasparenza e rispetto della volontà popolare, anche a costo dell’ineleggibilità politica e di numerose minacce.

Situazione attuale del Venezuela
Il regime di Nicolás Maduro controlla il Paese con metodi autoritari, avendo vinto nel 2024 un terzo mandato presidenziale considerato fraudolento e privo di legittimità da gran parte della comunità internazionale. Le opposizioni restano divise e fortemente represse: oltre 1.600 persone sono attualmente detenute per motivi politici e minor dissenso. La repressione si manifesta con arresti arbitrari, sparizioni forzate, persecuzioni di attivisti e chiusura sistematica degli spazi di partecipazione civile.

Diritti delle minoranze e società civile
Le comunità indigene e altre minoranze sono particolarmente esposte a violenze, abusi e discriminazioni da parte di gruppi armati e forze statali, con episodi di persecuzione che possono configurarsi come crimini contro l’umanità. Leggi restrittive come la “Ley ONG” mettono a rischio la sopravvivenza delle organizzazioni umanitarie e dei difensori dei diritti umani. Attivisti e operatori umanitari, soprattutto chi collabora con organismi internazionali, sono bersaglio privilegiato del governo, con frequenti minacce, arresti e “scomparse” temporanee per intimidirli.
Il caso emblematico di Alberto Trentini, cooperante italiano arrestato nel novembre 2024, testimonia il clima di arbitrio nel sistema giudiziario venezuelano. Trentini è detenuto da oltre trecento giorni, senza un’accusa formale né alcun processo in corso, in condizioni di isolamento con limitatissimi contatti con avvocati, familiari e autorità consolari. La società civile italiana e internazionale ha espresso forte preoccupazione, segnalando la violazione dei diritti fondamentali e promuovendo azioni e petizioni per la sua liberazione.

Postura internazionale e geopolitica
Maduro intensifica le relazioni con Russia, Iran e Cina, cercando di costruire un blocco alternativo all’ordine occidentale e alle pressioni provenienti dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, che mantengono e rafforzano le sanzioni contro funzionari del regime. La politica estera venezuelana si caratterizza per la retorica contro l’“imperialismo”, il sostegno pubblico ad altri regimi autoritari e la denuncia dei meccanismi di ingerenza delle istituzioni internazionali sui diritti umani.

Libertà religiose
Per quanto riguarda le libertà religiose, il Venezuela mantiene formalmente la libertà di culto, ma la libertà reale è limitata dal contesto repressivo e dal controllo statale. Chiese e associazioni religiose spesso subiscono pressioni se espongono posizioni critiche verso il governo o solidarizzano con l’opposizione; il rischio di intromissioni, censura e intimidazioni rimane elevato, in particolare per le realtà che si espongono nella difesa dei diritti umani e della dignità della persona.

giovedì 9 ottobre 2025

"Dilexi te" di Papa Leone XIV: l'amore per i poveri

Il 4 ottobre 2025, giorno della memoria liturgica di San Francesco d’Assisi, Papa Leone XIV ha firmato la sua prima esortazione apostolica, *Dilexi te* ("Ti ho amato" - Apocalisse 3,9), pubblicata ufficialmente il 9 ottobre. Questo testo si focalizza sull’amore verso i poveri, tema centrale della missione della Chiesa, e prende in eredità un progetto cominciato da Papa Francesco negli ultimi mesi della sua vita.

Contenuti principali
L’esortazione si sviluppa in 121 paragrafi suddivisi in cinque capitoli: alcune parole indispensabili; Dio sceglie i poveri; una Chiesa per i poveri; una storia che continua; una sfida permanente. 
Il testo pone l’amore di Cristo verso i poveri come il cuore della fede cristiana, ricordando che Gesù si identifica soprattutto con i più piccoli e i più bisognosi della società. Sono richiamate tematiche come la cura dei malati, la lotta alle schiavitù, la difesa delle donne vittime di violenza, il diritto all’istruzione, l’accompagnamento ai migranti, e l'elemosina vista non come paternalismo ma come giustizia ristabilita.

Papa Leone XIV si rifà molto al magistero di Papa Francesco, ma anche a figure come Sant’Agostino, San Lorenzo e San Francesco d’Assisi, presentando i poveri come una "presenza sacramentale del Signore" da amare e servire. L'esortazione denuncia le radici sociali dei mali, come l’iniquità economica e la falsa meritocrazia, e propone una Chiesa che nasce dal Vangelo e si rinnova nel tempo proprio attraverso la carità concreta verso i poveri.

Continuità e discontinuità con il papato di Papa Francesco
L’esortazione rappresenta un chiaro atto di continuità rispetto al magistero del Papa Francesco, che nel suo pontificato ha posto al centro il principio dell’opzione preferenziale per i poveri, esplorato nell’enciclica *Dilexit nos* sull’amore divino e umano del Cuore di Cristo. Papa Leone XIV ha scelto di riprendere e completare il progetto incompiuto del suo predecessore, scrivendo nel testo che è "felice di farlo mio" e consolidando un forte nesso tra l’amore di Cristo e la chiamata a farsi prossimi ai poveri.

La discontinuità, più che nei contenuti, può essere nel tono e nelle aggiunte di riflessione più teologica, con un richiamo più marcato a figure storiche e una sapiente integrazione della dottrina sociale della Chiesa, senza però allontanarsi dal segno profetico e pratico di Papa Francesco.

Testo completo dell'Esortazione Apostolica "Dilexi Te": https://ewtn.it/2025/10/09/testo-completo-esortazione-apostolica-dilext-te-di-papa-leone-xiv/

mercoledì 8 ottobre 2025

Una tregua per respirare

Tra dolore e incredulità, si fa largo un raggio di ottimismo giovanile. 
Layan Abu Gharqoud ha 13 anni e oggi ha voluto festeggiare. «Oggi sono felice, malgrado tutto. Durante la guerra sono rimasta ferita, ma grazie a Dio mi sono ripresa. Oggi sembra quasi un giorno di festa. Ho indossato il mio abito tradizionale palestinese e con le amiche andrò a ballare la dabke, una danza popolare, per festeggiare il giorno in cui la morte finalmente si allontana».
A un livello diverso, Abdullah Shershara, 36 anni, consulente legale e analista politico di Gaza, ha detto che la calma attuale non segna la fine del conflitto. «La guerra non è finita. È entrata soltanto in una fase nuova. Una fase più razionalizzata, ma non per questo meno pericolosa. Netanyahu si è spinto troppo oltre e ha agito contro gli interessi di Israele stesso. Era indispensabile frenarlo. A partire da oggi, possiamo dire che la fase della fame e degli sfollamenti si avvicina alla fine, e stiamo assistendo a un cambiamento della natura del conflitto: si ritornerà alla forma tradizionale dal 1948, al controllo sulle risorse, alla restrizione della sovranità e all’espansione delle colonie».
Centinaia di migliaia di sfollati, sradicati dalle loro case tra il maggio 2025 e adesso, continuano ad aspettare in rifugi precari e in tende da campo che il loro futuro si faccia più chiaro. Dopo mesi di sfollamenti continui, prostrazione e perdite, molti dicono di sperare semplicemente in qualche forma di stabilità, e che la fragile calma di oggi non segni la fine della guerra, ma l’inizio di una pace attesa da tempo. 
MAJD AL-ASSAR
CAMPI DI AL-NUSEIRAT E AL-BUREIJ, GAZA
Traduzione di Anna Bissanti
La Stampa


La pace é resa possibile dagli Stati Uniti che hanno posto il veto sei volte alle mozioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che chiedevano un cessate il fuoco immediato ed incondizionato nella Striscia di Gaza dal 2023 al settembre 2025. 
L’ultimo veto statunitense è avvenuto nel settembre 2025, bloccando una risoluzione che aveva raccolto il favore di tutti gli altri 14 membri del Consiglio, motivato dal mancato riconoscimento del diritto di Israele a difendersi e dall’assenza di una esplicita condanna di Hamas nel testo.
Gli USA hanno ripetutamente giustificato il veto sostenendo che una richiesta di cessate il fuoco senza condizioni avrebbe legittimato Hamas e non sarebbe stata collegata al rilascio degli ostaggi.
I veti hanno provocato crescenti critiche internazionali, con molti Stati membri e organizzazioni che hanno denunciato il peggioramento della crisi umanitaria a Gaza.

Sintesi:
- Febbraio 2024 
Motivazione: Mancato legame con rilascio ostaggi  
14 su 15 favorevoli
- Giugno 2024
Motivazione: Non condanna esplicita di Hamas Maggioranza favorevole
- Novembre 2024
Motivazione: Cessate il fuoco non incondizionato 
14 su 15 favorevoli
- Giugno 2025  
Motivazione: Mancato riconoscimento diritto difesa Israele
Maggioranza favorevole
- Settembre 2025, 2 voite
Motivazione: Mancanza condanna di Hamas                  
Tutti favorevoli tranne USA

sabato 4 ottobre 2025

Sarà Sarah Mullally il 106° Arcivescovo di Canterbury: la prima volta per una donna

La Chiesa anglicana ha raggiunto un traguardo senza precedenti nella sua lunga storia: per la prima volta una donna è stata eletta arcivescovo di Canterbury. Si tratta di Sarah Elizabeth Mullally, 63 anni, attuale vescova di Londra, che succede a Justin Welby come primate della Chiesa d’Inghilterra e capo simbolico della Comunione anglicana mondiale. L’annuncio ufficiale è del 3 ottobre 2025, e l’insediamento è previsto nella storica Cattedrale di Canterbury a marzo 2026.

L’arcivescovo di Canterbury rappresenta da sempre la massima autorità spirituale della Chiesa anglicana, un ruolo nato nel 597 con il monaco Agostino di Canterbury, inviato da papa Gregorio Magno per fondare la Chiesa in Inghilterra. Storicamente, l’arcivescovo è primus inter pares (primo tra pari) tra i primati anglicani di tutto il mondo, ha importanti funzioni liturgiche nazionali come l’incoronazione dei sovrani britannici, e guida spiritualmente milioni di fedeli in oltre 165 paesi. Dal XVI secolo, con lo Scisma anglicano e l’Atto di Supremazia di Enrico VIII, l’arcivescovo guida una Chiesa nazionale indipendente da Roma, con il sovrano inglese come governatore supremo della Chiesa d’Inghilterra.

Il percorso verso la presenza femminile nelle alte cariche della Chiesa anglicana ha radici relativamente recenti. Fu solo nel 1994 che la Chiesa anglicana ordinò le prime donne sacerdotesse, mentre nel 2015 Sarah Mullally stessa divenne la prima donna vescovo di Londra, rompendo un altro storica barriera. La sua nomina a arcivescovo di Canterbury segna quindi un momento epocale in cui una leadership tradizionalmente maschile si apre con decisione alla piena inclusione delle donne anche ai livelli più alti.

La carriera di Mullally è inoltre esemplare per la sua vita prima del sacerdozio: è stata un’infermiera oncologica e capo infermiera del governo inglese, ruolo nel quale ha incarnato la sua visione del lavoro sanitario come riflesso dell’amore divino. La sua elezione arriva in un momento delicato per la Chiesa d’Inghilterra, impegnata a superare divisioni interne e scandali, rappresentando una svolta di speranza per un cammino rinnovato.

Questa scelta storica non tocca solo la Chiesa inglese: la Comunione anglicana, con milioni di fedeli nel mondo, osserva con attenzione questa svolta che può aprire la strada a una crescente valorizzazione del ruolo femminile anche in altre realtà cristiane tradizionali.

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venerdì 3 ottobre 2025

Il 4 ottobre, San Francesco, è tornata festa nazionale

E così Francesco d’Assisi, il santo poverello, il giullare di Dio, il mistico, il fondatore dell’Ordine dei Francescani, l’inventore della poesia in lingua italiana, colui che con la scelta della povertà e la provocazione della pace sfidò la Chiesa del suo tempo e sovvertì il mondo, l’antesignano dell’ecologia, una delle figure più venerate della cristianità e più rispettate della laicità, il patrono d’Italia... è tornato a essere celebrato ogni 4 ottobre come festa nazionale, come avveniva fino al 1977, quando la riduzione dell’orario di lavoro per le solennità civili fu rimossa e nel giorno di San Francesco si tornò a scuola e al lavoro. Anni di contestazione e di scelte laiciste, certo, ma soprattutto questione di soldi, perché anche le solennità hanno un costo e persino i giganti della storia, come il santo di Assisi, ne fanno le spese.

Si deve a due proposte di legge – una di Noi moderati e una di Fratelli d’Italia – se oggi il Parlamento ha ripristinato la festa nazionale del 4 ottobre dopo quasi mezzo secolo: dopo il sì della Camera la settimana scorsa, oggi la Commissione Affari Costituzionali del Senato in sede deliberante ha confermato l’approvazione della legge. Non che ci fossero dubbi sul risultato, non solo perché la proposta arrivava dalla maggioranza, ma perché oggettivamente l’attualità di San Francesco non può che richiamare ogni fronte politico e di pensiero alla coerenza di valori che sono condivisi e universali, tanto più urgenti in un’epoca in cui l’umanità ha riscoperto tragicamente il suo volto più barbaro e incivile.

Nel 2026 cadrà l’800esimo anniversario della morte del santo, una data attesa da tempo con fervore creativo e anticipata da numerosi eventi culturali in questi ultimi anni, pubblicazioni, opere letterarie e teatrali, persino musical, che via via hanno ripercorso le tappe più “popolari” della vita di Francesco, dagli 800 anni del primo presepe da lui ideato a Greccio nel 1223, all’incontro nello stesso anno con papa Onorio III che approva definitivamente la sua regola basata sul Vangelo e sull'osservanza della povertà, della castità e dell'obbedienza, alla comparsa delle stigmate nel 1224, alla sua morte avvenuta il 3 ottobre del 1226 (mezz’ora dopo il tramonto in epoca medievale aveva inizio il giorno legale successivo).

Leggi da Avvenire

mercoledì 1 ottobre 2025

Il grido della terra non sia moda passeggera, passare a una conversione ecologica

Un’unica famiglia, sotto "lo stesso sole" e "la stessa pioggia". Una chiamata a prendersi cura della casa comune, passando dalle parole ai fatti: a una “conversione ecologica” che dalla raccolta di dati su carta, dai discorsi, ritorni al “cuore”, sede della libertà della persona, e non sia sorda “al grido della terra e dei poveri”. Nel solco del suo predecessore Francesco, a dieci anni dalla pubblicazione dell’enciclica Laudato si’, Papa Leone XIV ribadisce l’urgenza di lavorare per la cura della Terra. Lo fa oggi, 1 ottobre, al Centro Mariapoli dei Focolarini di Castel Gandolfo prendendo parte alla cerimonia di apertura della conferenza internazionale Raising Hope on Climate Change organizzata dal Movimento Laudato si’ in collaborazione con il Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale, Caritas Internationalis, CIDSE, UISG, Movimento dei Focolari, Ecclesial Networks Alliance. 
Una due giorni in programma dal 2 al 3 ottobre al quale parteciperanno oltre mille persone, tra le quali leader provenienti dal mondo della fede, dei movimenti, della scienza e della politica.

Il Pontefice ha benedetto un frammento di ghiaccio proveniente dalla Groenlandia, risalente a 20mila anni fa.

Signore della vita, benedici questa acqua: possa risvegliare i nostri cuori, purificare la nostra indifferenza, lenire i nostri dolori e rinnovare la nostra speranza. 

Il blocco proviene dal fiordo Nuup Kangerlua – dove si stava sciogliendo nell’oceano dopo essersi staccato dalla calotta glaciale – ed è stato trasportato a Roma dall'artista Olafur Eliasson con il supporto del geologo Minik Rosing. I due collaborano nell'ambito del progetto Ice Watch che, tra le altre cosa, porta grandi blocchi di ghiaccio in spazi pubblici delle grandi città europee: da Copenaghen a Parigi, passando per Londra, con l’obiettivo di rendere tangibile

Messaggio nel giorno di Yom Kippur

David Adler è un ragazzo ebreo a bordo della Global Sumud Flotilla...
Saluti dalla Global Sumud Flotilla mentre ci avviciniamo definitivamente a Gaza ⛵️
Oggi vi scrivo una lettera molto personale, una lettera su cosa significhi per me essere ebreo e intraprendere una missione che mi porterà nella "Zona Rossa" durante lo Yom Kippur, il giorno più sacro del calendario ebraico.
Non scrivo quasi mai "come ebreo". Condivido la stanchezza di essere costretto a mettere al primo posto i sentimenti ebraici, quando un genocidio è stato commesso in nome dell'"interesse nazionale" sionista e quando gli attivisti sono stati arrestati, torturati e deportati in nome della nostra "sicurezza".
Ma oggi mi sono sentito in dovere di scrivere su quel registro, in quanto uno dei pochi ebrei impegnati in questa missione, che riunisce oltre 500 persone provenienti da più di 40 paesi in tutto il mondo.
Credo che la scelta di questa flottiglia non sia casuale. Al contrario, ritengo sia una benedizione che l'intercettazione si avvicini all'inizio dello Yom Kippur, il nostro giorno annuale di espiazione, che ci invita a riflettere sui nostri peccati e su cosa possiamo fare per ripararli nello spirito del tikkun olam.
Come possiamo espiare ciò che è stato commesso in nostro nome? Come possiamo chiedere perdono per i peccati che si moltiplicano di ora in ora, mentre bombe e proiettili piovono su Gaza? Come potremmo prendere sul serio il nostro mandato di "guarire il mondo" quando lo Stato di Israele è così determinato a distruggerlo?
Se c'è una parte della Torah che ricordo ancora, è questo obbligo che ci impone: "Giustizia, giustizia perseguirai". Come potremmo restare a guardare mentre lo Stato di Israele perverte questo sacro obbligo, sovrintendendo all'olocausto del popolo palestinese?
Mi sono unito a questa flottiglia come qualsiasi altro delegato, per difendere l'umanità, prima che sia troppo tardi. Ma durante lo Yom Kippur, mi viene ricordato che sono qui anche perché la mia eredità ebraica lo richiede.
Da adolescente, mio nonno Jacques Adler (nella foto) si unì alla resistenza parigina contro i nazisti, rischiando la vita per sabotare le loro operazioni, mentre i suoi amici e familiari venivano mandati a morire nei campi di concentramento.
Questa è la tradizione alla quale sono chiamato e la definizione di “giustizia” che sento fedele alla mia identità ebraica, poiché la stessa rabbia genocida che ha preso di mira i miei antenati è ora assunta dalle sue principali vittime.
Yom Kippur è un giorno di digiuno, un modo per manifestare la nostra espiazione in forma fisica. Ma negli ultimi due anni, la popolazione affamata di Gaza non ha avuto altra scelta che rinunciare al pane quotidiano.
Se le forze israeliane ci intercettassero durante lo Yom Kippur, allora vediamo cosa significa la vera espiazione. Non digiunare in tutta comodità mentre si fanno morire di fame i propri vicini. Non pregare in sicurezza mentre si sganciano bombe sulle loro teste. Espiazione significa azione.
Quindi, mentre stasera tramonta il sole e inizia il digiuno, spero che i miei confratelli ebrei si uniscano a me nel ridefinire il loro approccio all'espiazione, insieme alla preghiera silenziosa, e verso un'azione coraggiosa per porre fine a questo orribile genocidio.

G'mar chatima tova.
David Adler