Sarebbe più adeguato chiamare tutta la vicenda bellica come una “crociata”, visto il carattere spirituale e “metafisico” attribuito a tutto l’impegno del regime di Putin e della Chiesa di Kirill per imporre il proprio dominio sulle terre sacre della Crimea, della regione del Don e delle coste del mar Nero, da cui arrivarono in Russia i missionari bizantini alla fine del primo millennio. Nel giorno della nuova chiamata alle armi, il patriarca di Mosca ha rivolto un nuovo appello per “ristabilire l’unità della Chiesa russa, e non considerare gli ucraini come dei nemici”, predicando dal monastero femminile della Sacra Concezione di Mosca.
Come ha ribadito Kirill, “oggi la nostra Patria, la Rus’ storica, sta attraversando le prove più dure... sappiamo come stanno soffrendo i nostri fratelli ucraini, mentre cercano di ‘riformattarli’ e aizzarli contro la Russia, ma nei nostri cuori non ci deve essere spazio per tali sentimenti, chiediamo al Signore che ci doni il coraggio necessario e rafforzi i sentimenti di fraternità, che sono la vera caparra della pace per le immense distese della Rus’”.
Il coraggio per rispondere alla mobilitazione, in realtà, sembra essere piuttosto carente tra i russi tra i 20 e i 50 anni che potrebbero essere chiamati nei prossimi giorni, fino a 300mila persone come pare sia stato deciso, o addirittura un milione, anche se le cifre esatte non sono state comunicate. Semmai si manifesta una certa audacia nel protestare in strada contro l'obbligo di guerra, che ha già provocato migliaia di arresti; per il resto si nota il panico generale e i tentativi disperati di fuggire all’estero, lasciandosi dietro una vita intera.
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di Stefano Caprio
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