Svolge la sua attività di ricerca per l’Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa (Opal) di Brescia che fa parte della Rete italiana per il disarmo (Rid). Ha pubblicato diversi studi, oltre che per l’Osservatorio Opal, anche per l’Osservatorio sul commercio delle armi (Oscar) di Ires Toscana (Istituto di ricerche economiche e sociali) della Cgil di Firenze, per l’Annuario geopolitico della pace di Venezia e numerosi contributi, anche sul rapporto tra finanza e armamenti, per diverse riviste e quotidiani nazionali e per il sito www.unimondo.org,
martedì 28 gennaio 2020
Riflessione sull'uso delle armi in Italia
Il prof. Beretta, analista del commercio internazionale e nazionale di sistemi militari e di armi comuni, è venuto a Schio a presentare la situazione delle armi per uso personale in Italia.
Svolge la sua attività di ricerca per l’Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa (Opal) di Brescia che fa parte della Rete italiana per il disarmo (Rid). Ha pubblicato diversi studi, oltre che per l’Osservatorio Opal, anche per l’Osservatorio sul commercio delle armi (Oscar) di Ires Toscana (Istituto di ricerche economiche e sociali) della Cgil di Firenze, per l’Annuario geopolitico della pace di Venezia e numerosi contributi, anche sul rapporto tra finanza e armamenti, per diverse riviste e quotidiani nazionali e per il sito www.unimondo.org,
Svolge la sua attività di ricerca per l’Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa (Opal) di Brescia che fa parte della Rete italiana per il disarmo (Rid). Ha pubblicato diversi studi, oltre che per l’Osservatorio Opal, anche per l’Osservatorio sul commercio delle armi (Oscar) di Ires Toscana (Istituto di ricerche economiche e sociali) della Cgil di Firenze, per l’Annuario geopolitico della pace di Venezia e numerosi contributi, anche sul rapporto tra finanza e armamenti, per diverse riviste e quotidiani nazionali e per il sito www.unimondo.org,
domenica 26 gennaio 2020
Jojo Rabbit: rivisitare la memoria nel 2020
In occasione della Giornata della Memoria esce quest'anno nelle sale il film candidato all'Oscar "Jojo Rabbit". L'approccio è molto moderno e attraverso l'umorismo nero ci parla di resistenza al nazismo e di indottrinamento fanatico.
Jojo fa parte della Gioventù hitleriana (Hitler-Jugend), organizzazione giovanile fondata nel 1926 per accogliere i giovani, a partire dai 10 anni, e prepararli a servire nelle forze armate e divenire «buoni cittadini», attraverso un sistema di addestramento militare e paramilitare.
Nel film, con gli occhi di Jojo, possiamo respirare il clima del processo di Gleichschaltung inteso come «allineamento» del popolo tedesco al «nuovo ordine» ottenuto attraverso l'eliminazione di ogni forma di dissenso e finalizzato a sviluppare fedeltà e obbedienza all'ideologia nazista. Il suo motto era Blut und Ehre (Sangue e onore).
L'unica arma che abbiamo, ancora oggi, in un clima di negazionismo e nazionalismo di ritorno, è mantenerci umani e saper riconoscere nell'altro (ebreo, straniero, oppositore) una persona come noi, aldilà di come la stampa e il regime possano propagandare. La popolazione più debole reagisce alla caricatura dell'ebreo e del nemico con vero odio e paura. Solamente la conoscenza e la scoperta del vero volto dell’altro possono liberare dai pregiudizi e dalle false ideologie.
sabato 25 gennaio 2020
Sviluppo sostenibile. Il manifesto di Assisi
«Quando neppure sapevamo che esisteva Davos qui ad Assisi già si tutelava l’ambiente». Così il premier Giuseppe Conte
ha spiegato la sua assenza al World Economic Forum e la presenza al
Sacro convento per la presentazione del "Manifesto di Assisi".
Conte ha concluso i lavori, ha firmato il Manifesto per un’economia a misura d’uomo contro la crisi climatica, promosso da Symbola e dal Sacro convento, e ha indossato il "Tau verde", simbolo della nuova alleanza per l’ambiente e per l’uomo.
Ad ascoltarlo anche il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, che nel suo intervento ha definito il Manifesto «uno dei grandi segni di speranza. Parla a tutti gli uomini e donne, scuote le coscienze della classe dirigente. Le questioni economiche e ambientali rappresentano il cuore di una nuova questione sociale che va affrontata con sapienza, carità e lungimiranza. Il Manifesto è un punto di partenza, una bussola per costruire un’economia a misura d’uomo. Ci incamminiamo lungo questa strada, non semplice ma piena di speranza».
«Sappiamo di non essere in grado di cambiare il mondo – dice padre Gambetti – . Ma ciascuno di noi sa che può cambiare il suo "piccolo mondo" e offrire un contributo per imprimere una grande svolta al corso della storia, realizzando il sogno di un’economia a misura di un umanesimo fraterno, che rispetta, nutre e custodisce». E di «sogno» parla anche padre Fortunato, aggiungendo che «qui c’è una risposta, non di singoli eroi, ma insieme». Poi una dura accusa. «Se per crescere e sviluppare dobbiamo inquinare, non è sviluppo, non è crescita, è imbarbarimento. Se per arricchirci dobbiamo creare più disuguaglianza, non è arricchimento, è disonestà».
Conte ha concluso i lavori, ha firmato il Manifesto per un’economia a misura d’uomo contro la crisi climatica, promosso da Symbola e dal Sacro convento, e ha indossato il "Tau verde", simbolo della nuova alleanza per l’ambiente e per l’uomo.
Ad ascoltarlo anche il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, che nel suo intervento ha definito il Manifesto «uno dei grandi segni di speranza. Parla a tutti gli uomini e donne, scuote le coscienze della classe dirigente. Le questioni economiche e ambientali rappresentano il cuore di una nuova questione sociale che va affrontata con sapienza, carità e lungimiranza. Il Manifesto è un punto di partenza, una bussola per costruire un’economia a misura d’uomo. Ci incamminiamo lungo questa strada, non semplice ma piena di speranza».
«Sappiamo di non essere in grado di cambiare il mondo – dice padre Gambetti – . Ma ciascuno di noi sa che può cambiare il suo "piccolo mondo" e offrire un contributo per imprimere una grande svolta al corso della storia, realizzando il sogno di un’economia a misura di un umanesimo fraterno, che rispetta, nutre e custodisce». E di «sogno» parla anche padre Fortunato, aggiungendo che «qui c’è una risposta, non di singoli eroi, ma insieme». Poi una dura accusa. «Se per crescere e sviluppare dobbiamo inquinare, non è sviluppo, non è crescita, è imbarbarimento. Se per arricchirci dobbiamo creare più disuguaglianza, non è arricchimento, è disonestà».
Da Avvenire
venerdì 24 gennaio 2020
Inizia l'anno del topo
Secondo il ciclo dello zodiaco cinese, dopo l’Anno del Maiale, il 25 gennaio 2020 inizia quello del Topo, che dura fino all’11 febbraio 2021, quando inizia l’Anno del Bue.
Sono dodici gli animali – il topo, il bue, la tigre, il coniglio, il drago, il serpente, il cavallo, la pecora, la scimmia, il gallo, il cane e il maiale – utilizzati per rappresentare lo zodiaco cinese, per registrare gli anni e riflettere le caratteristiche delle persone.
La storia dello zodiaco cinese vuole che, nel concorso indetto dall'imperatore di Giada per decidere quali animali dovessero far parte dello zodiaco, l’astuto topo chiede al diligente bue di lasciarlo cavalcare sulla sua schiena mentre attraversa un fiume. Il bue acconsente ma appena prima di tagliare il traguardo il topo salta dalla groppa sulla sponda del fiume vincendo così la gara e diventando il primo degli animali dello zodiaco.
Per questo si ritiene che sarà un anno particolarmente propizio. Speriamo che sia così visto l'epidemia virale che ha segnato il suo inizio!
lunedì 13 gennaio 2020
Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani – 18-25 gennaio 2020
(Atti 28, 2)
Una storia di divina provvidenza e al tempo stesso di umana accoglienza: è quella che ci propongono le Chiese cristiane di Malta e Gozo, che hanno preparato il materiale della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani di quest’anno. Una storia riportata alla fine del libro degli Atti degli Apostoli e ambientata proprio a Malta e sul mare tempestoso che la circonda.
Divina provvidenza, anzitutto: la narrazione – si legge nell'Introduzione teologico pastorale ai materiali – “ripropone il dramma dell’umanità di fronte alla terrificante potenza degli elementi della natura. I passeggeri della barca sono alla mercé del mare violento e della poderosa tempesta che infuria intorno a loro. Sono forze che li spingono verso approdi sconosciuti, e si sentono persi e senza speranza”. Tra i 276 passeggeri di questa nave alla deriva nel Mediterraneo, solo uno è tranquillo e cerca di infondere coraggio agli altri: è l’apostolo Paolo, imbarcato come prigioniero per essere condotto da Cesare. Egli ha avuto da un angelo di Dio questa assicurazione: “Non temere, Paolo! Tu dovrai comparire davanti all'imperatore e Dio, nella sua bontà, ti dona anche la vita dei tuoi compagni di viaggio” (Atti 27, 24).
La provvidenza di Dio fa dunque sì che tutti i passeggeri abbiano salva la vita; ma anche che la fede cristiana raggiunga Malta attraverso l’apostolo, che vi compirà numerose guarigioni. Per questo ogni anno il 10 febbraio a Malta si celebra la Festa del Naufragio dell’apostolo Paolo.
Umana accoglienza, in secondo luogo. A più riprese il resoconto degli Atti sottolinea l’accoglienza riservata dai maltesi ai naufraghi. Essi li trattarono “con gentilezza” (Atti 28, 2), letteralmente con filantropia, e li “radunarono”, o meglio li “accolsero” (proselàbonto) attorno a un grande fuoco perché si scaldassero e si asciugassero: quel che si dice una “calda accoglienza”! Al momento della partenza dei naufraghi, diedero loro “tutto quello che era necessario per il viaggio” (Atti 28, 10).
La filantropia dei maltesi non è che una variante della filoxenìa (ospitalità; traducendo letteralmente: amicizia per lo straniero) di cui parla la lettera agli Ebrei (13, 2) rinviando alla filoxenìa di Abramo alle querce di Mamre (Genesi 18).
Nel racconto degli Atti, l’amore provvidente di Dio viene reso presente dalla filantropia dei maltesi di allora, a cui i cristiani della Malta di oggi contrappongono l’indifferenza di chi, di fronte all’attuale crisi migratoria, si volta a guardare dall’altra parte. Un’indifferenza che, si sottolinea nell’introduzione, “assume varie forme: l’indifferenza di coloro che vendono a persone disperate posti in imbarcazioni non sicure per la navigazione; l’indifferenza di persone che decidono di non inviare gommoni di 3 salvataggio; l’indifferenza di coloro che respingono i barconi di migranti… […]. Questo racconto ci interpella come cristiani che insieme affrontano la crisi relativa alle migrazioni: siamo collusi con le forze indifferenti oppure accogliamo con umanità, divenendo così testimoni dell’amorevole provvidenza di Dio verso ogni persona?”.
In questi anni le Chiese cristiane non hanno smesso di sottolineare la centralità del vero e proprio comandamento dell’accoglienza (“Ero straniero e mi avete ospitato”, Matteo 25, 35).
Per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato 2018 papa Francesco ha ribadito che “tutti i credenti e gli uomini e le donne di buona volontà sono chiamati a rispondere alle numerose sfide poste dalle migrazioni contemporanee con generosità, alacrità, saggezza e lungimiranza, ciascuno secondo le proprie responsabilità”. I Vescovi italiani hanno ricordato che il fenomeno delle migrazioni è “senza dubbio una delle più grandi sfide educative. L’opera educativa deve tener conto di questa situazione e aiutare a superare paure, pregiudizi e diffidenze, promuovendo la mutua conoscenza, il dialogo e la collaborazione. Particolare attenzione va riservata al numero crescente di minori, nati in Italia, figli di stranieri” (CEI, “Educare alla vita buona del Vangelo. Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020”, Roma 2010, n. 14).
Anche le Chiese ortodosse sono sempre state sensibili al tema dell’accoglienza. Sua Santità il Patriarca Ecumenico Bartolomeo ha sempre dimostrato affetto e solidarietà verso gli emigranti, e costantemente invita all’accoglienza, all’amore, alla pace.
Nel loro “Manifesto per l’accoglienza”, gli evangelici italiani hanno sottolineato che “la fede in Cristo ci impegna all’accoglienza nei confronti del prossimo che bussa alla nostra porta in cerca di aiuto, protezione e cure” (Federazione delle chiese evangeliche in Italia, 8 agosto 2018). A livello ecumenico europeo le Chiese protestanti, anglicane e ortodosse d’Europa, riunite nel giugno 2018 a Novi Sad (Serbia) per l’Assemblea della Conferenza delle chiese europee (KEK), hanno affermato, nel loro messaggio finale: “Noi ci impegniamo a servire Cristo nell’ospitalità reciproca, data e ricevuta, offrendo una generosa accoglienza ai rifugiati e agli stranieri”. Un impegno ecumenico che in Italia i cristiani stanno mettendo in pratica da alcuni anni, particolarmente attraverso i “corridoi umanitari” promossi da Sant’Egidio, Federazione evangelica e Tavola valdese, e quelli promossi da Conferenza episcopale e Caritas.
“L’ospitalità – concludono i cristiani di Malta – è una virtù altamente necessaria nella ricerca dell’unità tra cristiani. […] La nostra stessa unità di cristiani sarà svelata non soltanto attraverso l’ospitalità degli uni verso gli altri, pur importante, ma anche mediante l’incontro amorevole con coloro che non condividono la nostra lingua, la nostra cultura e la nostra fede.
Ci auguriamo che la Settimana di preghiera del 2020 possa rafforzare in tutti i credenti e in tutte le chiese la determinazione a vivere l’accoglienza, e preghiamo che, praticando insieme la filantropìa/filoxenìa, cresca anche la comunione fra di noi, alla gloria di Dio.
mercoledì 1 gennaio 2020
La pace, cammino di speranza di fronte agli ostacoli e alle prove
Anche quest'anno inizia con una giornata dedicata alla pace e con un discorso di speranza, tanto più urgente dal momento che si parla di nuove tensioni e guerre internazionali.
"La pace è un bene prezioso, oggetto della nostra speranza, al quale aspira tutta l’umanità. Sperare nella pace è un atteggiamento umano che contiene una tensione esistenziale, per cui anche un presente talvolta faticoso «può essere vissuto e accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino». In questo modo, la speranza è la virtù che ci mette in cammino, ci dà le ali per andare avanti, perfino quando gli ostacoli sembrano insormontabili".
"La pace è un bene prezioso, oggetto della nostra speranza, al quale aspira tutta l’umanità. Sperare nella pace è un atteggiamento umano che contiene una tensione esistenziale, per cui anche un presente talvolta faticoso «può essere vissuto e accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino». In questo modo, la speranza è la virtù che ci mette in cammino, ci dà le ali per andare avanti, perfino quando gli ostacoli sembrano insormontabili".
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