sabato 20 gennaio 2018

Difendere l'Amazzonia è difendere la vita

Papa Francesco è stato accolto con entusiasmo dai popoli dell’Amazzonia a Puerto Maldonado. Dopo i canti e le danze di benvenuto da parte degli anziani Arambut, e il saluto del vicario apostolico di Puerto Maldonado, monsignor David Martìnez de Aguirre Guinea, hanno avuto inizio le testimonianze di alcuni rappresentanti dei popoli.

E' stata consegnata l'Enciclica Laudato Sì nelle lingue locali con il sottofondo di un canto Machirenga. 
Una donna di 67 anni ha ricordato come la natura sia stata abusata: fiumi inquinati, foreste abbattute, l’identità stessa minacciata. “Vogliono farci sparire. Stanno distruggendo il pianeta. Se non avremo da mangiare, moriremo di fame. Tutti noi dobbiamo proteggere la nostra terra per vivere in armonia. Grazie Papa per ascoltarci".
Il Papa ha iniziato il suo discorso citando San Francesco ed elencando i nomi di 22 popoli originari presenti all’incontro, “un volto plurale, di un’infinita varietà e di un’enorme ricchezza biologica, culturale, spirituale”. 
Il Papa ha descritto i nemici dell’Amazzonia: il neo-estrattivismo che esercita la sua avidità su petrolio, gas e oro da una parte e dall’altra “la perversione di certe politiche che promuovono la conservazione della natura senza tenere conto dei popoli che la abitano”. I due nemici causano povertà e migrazione dei giovani. “Dobbiamo rompere il paradigma storico che considera l’Amazzonia come una dispensa inesauribile degli Stati senza tener conto dei suoi abitanti”.
“Se, da qualcuno voi siete considerati un ostacolo o un “ingombro”, in verità, con la vostra vita siete memoria viva della missione che Dio ha affidato a tutti noi: avere cura della casa comune. La difesa della terra è difesa della vita: le fuoriuscite di idrocarburi inquinano l’ambiente e minacciano la vita delle famiglie indigene. Dall’estrazione illegale discende anche la piaga della tratta delle persone.
La Chiesa si schiera dalla parte degli scartati e di coloro che soffrono. Il Papa pensa ai Popoli Indigeni in Isolamento Volontario (PIAV), “i più vulnerabili tra i vulnerabili, isolati persino dalle loro stesse etnie, iniziando una storia di reclusione nei luoghi più inaccessibili della foresta per poter vivere in libertà”; “la loro presenza ci ricorda che non possiamo disporre dei beni comuni al ritmo dell’avidità del consumo”.
Non solo l’ambiente, ma anche la famiglia dei popoli originari va difesa, “per non lasciarci catturare da colonialismi ideologici mascherati da progresso che a poco a poco entrano e dilapidano identità culturali e stabiliscono un pensiero uniforme, unico... e debole”. Ascoltate gli anziani, dice, e assicuratevi che i giovani studino ma senza che la scuola cancelli le tradizioni, le lingue, la saggezza ancestrale.
Allo Stato il Papa chiede impegno per l’educazione dei popoli originari, nel rispetto della loro “sapienza ancestrale”, e ai vescovi di continuare a “promuovere spazi di educazione interculturale e bilingue nelle scuole e nelle università”, così come hanno fatto nei secoli i missionari e le missionarie in questi territori. “Non soccombete ai tentativi che ci sono di sradicare la fede cattolica dei vostri popoli. Ogni cultura e ogni visione del cosmo che accoglie il Vangelo arricchisce la Chiesa con la visione di una nuova sfaccettatura del volto di Cristo. Abbiamo bisogno che i popoli originari plasmino culturalmente le Chiese locali amazzoniche. Con questo spirito ho convocato un Sinodo per l’Amazzonia nell’anno 2019.
“Confido nella capacità di resilienza dei popoli e nella vostra capacità di reazione davanti ai difficili momenti che vi tocca vivere. Tinkunakama”, la parola in lingua Quechua che vuol dire “al prossimo incontro”).
Il pranzo con i rappresentanti dei popoli indigeni (Vatican Media)
Il pranzo con i rappresentanti dei popoli indigeni (Vatican Media)


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