Nella Sala del Trono foderata di legno chiaro dell’Arcivescovado ortodosso di Atene, papa Francesco e Ieronymos II, Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, baciano il Vangelo prima di sedersi. Si erano incontrati cinque anni fa nel campo profughi di Mòrias a Lesvos, nell’emergenza di uno dei più grandi drammi del nostro tempo. E ora si ritroviamo per «condividere la gioia della fraternità – dice il Papa rivolgendosi all’Arcivescovo ortodosso – e a guardare al Mediterraneo che ci circonda non solo come luogo che preoccupa e divide, ma anche come mare che unisce». Pensando alle radici. Quelle apostoliche, quelle comuni, che si condividono, che attraversano i secoli, sotterranee, spesso trascurate, «ma che ci sono e sostengono tutto» ha detto Francesco rivolgendosi a Ieronymos. «Queste radici, cresciute dal seme del Vangelo, proprio nella cultura ellenica hanno cominciato a portare grande frutto: penso a tanti Padri antichi e ai primi grandi Concili ecumenici». E ha poi rievocato i secoli della separazione, «i veleni mondani che hanno contaminato, la zizzania del sospetto che ha aumentato la distanza e abbiamo smesso di coltivare la comunione».
Papa Francesco ha così chiesto nuovamente perdono per gli errori commessi da tanti cattolici nei confronti degli ortodossi: «Con vergogna – lo riconosco per la Chiesa Cattolica – azioni e scelte che poco o niente hanno a che vedere con Gesù e con il Vangelo, improntate piuttosto a sete di guadagno e di potere, hanno fatto appassire la comunione. La storia ha il suo peso – ha proseguito – e oggi qui sento il bisogno di rinnovare la richiesta di perdono a Dio e ai fratelli per gli errori commessi da tanti cattolici».
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