L'ambasciatore italiano Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e il loro autista congolese, Mustapha Milambo, sono stati uccisi in un agguato mentre viaggiavano a bordo di un'auto dell'Onu in una regione della Repubblica democratica del Congo, il Nord Kivu, da anni teatro di violenti scontri tra decine di milizie che si contendono il controllo del territorio e delle sue risorse naturali (tra cui il coltan tanto necessario per l'industria informatica).
Luca Attanasio è il primo ambasciatore italiano ucciso in servizio nella storia della nostra diplomazia. Lascia la madre, la moglie e tre figlie piccole. Attanasio, 43 anni, era presidente onorario dell'associazione Mama Sofia, fondata a Kinshasa dalla moglie Zakia Seddiki per occuparsi di bambini e donne in difficoltà. Insieme avevano ricevuto a novembre il Premio Nassirya per la Pace 2020. In quell'occasione Attanasio aveva ricordato che "quella dell'ambasciatore è una missione, a volte anche pericolosa, ma abbiamo il dovere di dare l'esempio".
"Luca era un ragazzo cresciuto all'oratorio di Limbiate. Era una luce che fa breccia nella nebbia, illumina e riscalda". Con queste parole, don Angelo Gornati, attuale parroco di Cesate ma per diversi anni alla guida della parrocchia di Limbiate, ricorda Luca Attanasio.
"Era capace di cogliere il lato positivo presente in ogni persona, di cucire i rapporti, di costruire ponti - ricorda don Angelo - e ogni volta che tornava a casa dalle varie parti del mondo in cui veniva mandato, correva subito dalla famiglia, ma subito dopo veniva in parrocchia e all'oratorio".
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