Cattedrale di Nagasaki
“Il vostro Paese è cosciente della sofferenza causata dalla guerra. Insieme a voi prego perché il potere distruttivo delle armi nucleari non torni a scatenarsi mai più nella storia dell’umanità. Usare le armi nucleari è immorale”. Le parole forti che Papa Francesco ha inviato alla popolazione giapponese a pochi giorni dal suo arrivo in Giappone, risuonano particolarmente vere in chi ha vissuto da vicino la tragedia delle due bombe atomiche sganciate ad Hiroshima e a Nagasaki, il 6 e il 9 agosto del 1945, oppure in chi continua a vivere nei territori devastati da quei bombardamenti.
“Il possesso delle armi nucleari e di altre armi di distruzione di massa non è la migliore risposta” al desiderio di pace e stabilità: “Questo desiderio; anzi, sembrano metterlo continuamente alla prova”. E ricorda come “i soldi spesi e le fortune guadagnate per fabbricare, ammodernare, mantenere e vendere le armi, sempre più distruttive, sono un attentato continuo che grida al cielo”.
Piove a dirotto a Nagasaki, prima tappa del soggiorno in Giappone di papa Francesco. Nella città che il 9 agosto 1945, durante la seconda guerra mondiale, fu bersaglio della bomba atomica al plutonio, Fat Man, la seconda mai fatta esplodere su un’area popolata – tre giorni prima, il 6 agosto, Little Boy fu sganciata su Hiroshima – il vescovo di Roma che come i suoi predecessori conosce la sofferenza che tramite l’uso di armamenti nucleari “come esseri umani siamo in grado di infliggerci”, chiede presso l’Atomic Bomb Hypocenter “di lavorare e di insistere senza indugi a sostegno dei principali strumenti giuridici internazionali di disarmo e non proliferazione nucleare, compreso il Trattato sul divieto delle armi nucleari”.
Quarantamila persone morirono sul colpo a Nagasaki.
Molte altre successivamente per effetto delle radiazioni.
Esplose una grande luce, poi fu il buio più nero.
Più di un terzo della città fu raso al suolo.
L’ipocentro dell’esplosione si ebbe in quello che è oggi il Parco della Pace, il memoriale dove Francesco ha fortemente desiderato arrivare.
Per la Chiesa Cattolica la strada passa oggi dal sostegno ai principali strumenti giuridici internazionali di disarmo e non proliferazione nucleare, fra questi il Trattato sul divieto delle armi nucleari a cui diversi Paesi importanti ancora non aderiscono. Più leader politici sembrano non riconoscere come le armi nucleari non difendano dalle minacce alla sicurezza nazionale e internazionale e, nello stesso tempo, faticano a riconoscere “l’impatto catastrofico del loro uso dal punto di vista umanitario e ambientale”, andando così a rafforzare “un clima di paura, diffidenza e ostilità”.
Molte risorse potrebbero invece essere utilizzate per lo sviluppo sostenibile. Lo suggerì già, nel 1964, Paolo VI, quando propose di aiutare i più diseredati attraverso un Fondo Mondiale, alimentato con una parte delle spese militari. Lo propone oggi Francesco che a Nagasaki chiude il suo intervento chiedendo a tutti, credenti e non credenti, di recitare insieme la preghiera per la pace attribuita a san Francesco d’Assisi, il santo da cui il 13 marzo del 2013 ha preso il nome.
Da Repubblica
Nessun commento:
Posta un commento