Papà Francesco é arrivato in piazza San Pietro con il pastorale Paolo VI è il cingolo Romero
Il Santo Padre impugnando la croce astile di Paolo VI e indossando le sue vesti liturgiche, con però il cingolo macchiato di sangue di monsignor Oscar Arnulfo Romero macchiato del suo sangue il giorno dell'uccisione, ha fatto ingresso in piazza San Pietro attraversando la Basilica di San Pietro fino a raggiungere il sagrato dove avevano già preso posto i 267 padri sinodali concelebranti e le delegazioni ufficiali tra cui quella italiana guidata da Mattarella e quella spagnola guidata dalla Regina Madre Sofia, ma ci sono anche i presidente di El Salvador, Cile e Panama e il ministro degli esteri francesi.
Papa Paolo VI è stato colui che ha portato a compimento il Concilio Vaticano II e ha guidato la Chiesa negli anni in cui le Brigate Rosse uccidevano Aldo Moro. Per Paolo VI la politica era una tra le più alte forme di carità, se esercitata come servizio al bene comune. Per alcuni è stato un pontefice dai toni dimessi, ma ha compiuto gesti eloquenti come quando nel 1964, dopo pochi mesi di pontificato, annuunciò che avrebbe venduto la tiara e che il ricavato della vendita sarebbe stato donato in beneficenza. Egli sosteneva che «l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri».
Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, non era un uomo che cercava notorietà, ma si trovò al centro di un conflitto civile violentissimo, e scelse di farsi portavoce istituzionale e autorevole dei poveri senza voce che venivano torturati e uccisi per motivi di stato. La sua voce ferma contro la violenza fratricida non prendeva le mosse da motivazioni ideologiche, nè difendeva posizioni di parte, come qualcuno poi volle insinuare. Venne ucciso sull'altare, mentre compiva un appello evangelico alla pace e alla riconciliazione fraterna: “Desidero fare un appello speciale agli uomini dell’esercito e in concreto alla base della Guardia nazionale, della stessa polizia, delle caserme. Fratelli! Siete del nostro stesso popolo! Ammazzate i vostri fratelli campesinos! Davanti all’ordine di ammazzare dato da un uomo, deve prevalere la legge di Dio che dice: “Non ammazzare!”. Nessuno è tenuto ad obbedire ad un ordine che va contro la legge di Dio … vi supplico, vi chiedo, vi ordino, in nome di Dio: cessi la repressione!”.
Sono le sue ultime parole pronunciate in pubblico, prima dell’omelia di quella messa dove con un solo proiettile un sicario lo fa tacere.
Le sue parole però non hanno mai cessato di risuonare nella memoria del suo popolo salvadoregno e oggi in tutto il mondo.
Il Santo Padre impugnando la croce astile di Paolo VI e indossando le sue vesti liturgiche, con però il cingolo macchiato di sangue di monsignor Oscar Arnulfo Romero macchiato del suo sangue il giorno dell'uccisione, ha fatto ingresso in piazza San Pietro attraversando la Basilica di San Pietro fino a raggiungere il sagrato dove avevano già preso posto i 267 padri sinodali concelebranti e le delegazioni ufficiali tra cui quella italiana guidata da Mattarella e quella spagnola guidata dalla Regina Madre Sofia, ma ci sono anche i presidente di El Salvador, Cile e Panama e il ministro degli esteri francesi.
Papa Paolo VI è stato colui che ha portato a compimento il Concilio Vaticano II e ha guidato la Chiesa negli anni in cui le Brigate Rosse uccidevano Aldo Moro. Per Paolo VI la politica era una tra le più alte forme di carità, se esercitata come servizio al bene comune. Per alcuni è stato un pontefice dai toni dimessi, ma ha compiuto gesti eloquenti come quando nel 1964, dopo pochi mesi di pontificato, annuunciò che avrebbe venduto la tiara e che il ricavato della vendita sarebbe stato donato in beneficenza. Egli sosteneva che «l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri».
Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, non era un uomo che cercava notorietà, ma si trovò al centro di un conflitto civile violentissimo, e scelse di farsi portavoce istituzionale e autorevole dei poveri senza voce che venivano torturati e uccisi per motivi di stato. La sua voce ferma contro la violenza fratricida non prendeva le mosse da motivazioni ideologiche, nè difendeva posizioni di parte, come qualcuno poi volle insinuare. Venne ucciso sull'altare, mentre compiva un appello evangelico alla pace e alla riconciliazione fraterna: “Desidero fare un appello speciale agli uomini dell’esercito e in concreto alla base della Guardia nazionale, della stessa polizia, delle caserme. Fratelli! Siete del nostro stesso popolo! Ammazzate i vostri fratelli campesinos! Davanti all’ordine di ammazzare dato da un uomo, deve prevalere la legge di Dio che dice: “Non ammazzare!”. Nessuno è tenuto ad obbedire ad un ordine che va contro la legge di Dio … vi supplico, vi chiedo, vi ordino, in nome di Dio: cessi la repressione!”.
Sono le sue ultime parole pronunciate in pubblico, prima dell’omelia di quella messa dove con un solo proiettile un sicario lo fa tacere.
Le sue parole però non hanno mai cessato di risuonare nella memoria del suo popolo salvadoregno e oggi in tutto il mondo.
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