Da quando insegno mi piace affrontare in prima media le religioni dei popoli indigeni, colonizzati e decimati dagli europei e che ancora oggi soffrono una condizione di discriminazione ed espropriazione.
Il papa, in continuità con i suoi predecessori, ha scelto di stare con loro, piccoli e umiliati, e di offrire parole di vicinanza e perdono.
Alla messa a S. Cristobal de Las Casas presenti forse un milione di indios di diverse etnie. Incensazione, canti, decorazioni, letture, preghiere, canti della cultura india. Gli indios hanno “molto da insegnare” per affrontare la crisi ambientale.
“Il mondo di oggi, spogliato dalla cultura dello scarto, ha bisogno di voi!”: così papa Francesco alle comunità degli indios del Chiapas. Per il pontefice gli indios “sanno relazionarsi armonicamente con la natura, che rispettano come «fonte di nutrimento, casa comune e altare del condividere umano»”. Per questo essi sono un modello che può aiutare il mondo attuale a ritrovare un nuovo rispetto verso la madre terra e verso l’uomo: “La sfida ambientale che viviamo e le sue radici umane ci toccano tutti (cfr. Laudato si’, 4) e ci interpella. Non possiamo più far finta di niente di fronte a una delle maggiori crisi ambientali della storia. In questo voi avete molto da insegnarci”.
Sono proprio gli indios i protagonisti assoluti della messa a San Cristobal, la diocesi che nel XVI secolo ha avuto come primo vescovo il domenicano Bartolomeo de Las Casas, l’apostolo degli indios e dei loro diritti.
Ci sono centinaia di migliaia, forse un milione di persone, venute da zone anche lontane, con mezzi poveri. Nella massa umana che si estende davanti all’altare decorato con enormi fiori dipinti, si vedono vecchi e giovani, persone vestite con gli abiti tradizionali e altri con camicia e cravattino. La gente, incitata dalla voce guida grida delle “litanie” per papa Francesco, “papa del popolo; della pace, della lotta, della giustizia, dei popoli indigeni, del popolo Maya, del rispetto per la Madre Terra”.
Anche il rito è arricchito di simboli indios. L’incensazione, ad esempio, è fatta dal diacono, ma anche da due donne che portano un vaso con carboni accesi, da cui sale il denso fumo dell’incenso. Le letture sono state proclamate nelle lingue locali e anche l’omelia del papa, in spagnolo, è stata “tradotta” in due lingue etniche. Un sacerdote indio ha anche fatto una preghiera speciale nella sua lingua, ricordando tutte le oppressioni, violenze, emarginazioni di cui la sua gente è oggetto.
Nella sua omelia il papa ha valorizzato la cultura degli indios, a differenza di quanto succede nel tempo presente: “Alcuni hanno considerato inferiori i loro valori, la loro cultura e le loro tradizioni. Altri, ammaliati dal potere, dal denaro e dalle leggi del mercato, lo hanno spogliati delle loro terre o hanno realizzato opere che le inquinavano”.