domenica 7 dicembre 2025

L’Immacolata – una bellezza che salva

L'8 dicembre, è una delle feste più amate in Italia: l’Immacolata Concezione di Maria.
Ma cosa celebriamo davvero?

Nel 1854 Papa Pio IX dichiarò che Maria, fin dal primo istante della sua vita, è stata libera dal peccato originale. Non per magia, ma per un amore “in anticipo”: Dio, sapendo che Gesù sarebbe nato da lei, la rese pura e luminosa fin dall’inizio. 

Da allora, ogni Papa ha guardato a Maria come a una luce nel cammino dell’umanità.  
- Giovanni XXIII la chiamava “la stella del mattino” che disperde le tenebre.  
- Paolo VI la vedeva come “il mistero della perfezione”.  
- Giovanni Paolo II ricordava che Gesù stesso è stato “generoso” con sua Madre, donandole la grazia.  
- Benedetto XVI parlava di lei come del “riflesso della Bellezza che salva il mondo”.  
- E Papa Francesco ogni anno le portava un “grazie”, come fa un figlio con la madre che lo accompagna ogni giorno. 

Il gesto tradizionale del Papa che depone fiori ai piedi della statua dell’Immacolata a Piazza di Spagna non è solo una cerimonia: è un segno di affetto, di fiducia, di gratitudine.

Maria, in fondo, ci dice che ogni vita può essere piena di luce, se lasciamo spazio alla grazia e al bene.  
Non è lontana, non è una figura da museo: è una ragazza che ha detto “sì”, e che continua a camminare accanto a noi, senza rumore, ma con una forza che trasforma.

Davanti a una piccola immagine o semplicemente nel cuore, possiamo dire anche noi:  
“Grazie, Maria, per aver creduto nel sogno di Dio su di noi.”

sabato 6 dicembre 2025

Zuppi: «Alla pace servono scuole dove formare nuove coscienze»

In un tempo segnato da guerre e parole che feriscono, la Chiesa italiana rilancia l’urgenza di educare alla pace. Nella nuova Nota pastorale approvata ad Assisi, la CEI invita le comunità cristiane a diventare “case di pace”, luoghi dove si imparano il dialogo, la giustizia e il perdono.  

Il cardinale Matteo Zuppi richiama il dono e la responsabilità della pace: un cammino concreto fatto di gesti quotidiani, pazienza e coraggio. La scuola, la famiglia, la parrocchia e la società civile sono chiamate a formare coscienze disarmate e disarmanti, capaci di seminare riconciliazione.  

La Nota denuncia la “cultura della violenza” che affascina i giovani e ribadisce che sviluppo e solidarietà sono i nomi nuovi della pace. Sull’esempio di san Francesco d’Assisi, la CEI chiede di riscoprire la preghiera come sorgente di speranza e la politica come servizio al bene comune.  

«Il Signore vi dia la pace» — l’antico saluto francescano che, otto secoli dopo, resta una promessa e un impegno per tutti.  

Leggi da Avvenire 

mercoledì 3 dicembre 2025

Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità – 3 dicembre

Perché oggi conta
Il 3 dicembre è un promemoria globale: i diritti non sono teoria, si praticano ogni giorno anche tra i banchi, nei corridoi, nelle chat di classe e in palestra. In questa data molte scuole promuovono momenti di confronto, workshop o eventi per passare dall’idea di “barriera” a quella di “opportunità”, anche attraverso sport e attività cooperative.

Oltre gli stereotipi
La disabilità non definisce una persona: è una delle tante condizioni con cui le persone vivono, visibile o invisibile che sia. 
Inclusione significa accesso reale alla vita di classe, alle uscite didattiche, ai progetti e alle rappresentazioni, con strumenti e adattamenti che permettano a tutti di partecipare al massimo delle proprie possibilità.

Cose concrete da fare oggi
- Ascoltare e dare spazio: organizzare in classe 15 minuti di micro-interventi o testimonianze su cosa aiuta davvero a sentirsi parte del gruppo.  
- Rendere accessibili i materiali: condividere appunti, mappe concettuali e slide in formato leggibile per tutti, usando un linguaggio chiaro e inclusivo.
- Allenare lo sguardo: notare le “barriere invisibili” (tempi, rumore, ansia, distrazioni) e concordare regole semplici per ridurle durante lavori di gruppo e verifiche.  
- Scegliere lo sport che unisce: proporre in palestra giochi adattati dove conta la collaborazione più della performance individuale.

Idee per progetti
- Una settimana dell’inclusione: forum studentesco con tutoraggio tra pari, stand informativi e laboratori su comunicazione accessibile e benessere a scuola.  
- Challenge di classe: creare una guida “accessibile” della scuola (mappa, segnaletica chiara, consigli per accogliere nuovi compagni), da condividere sui canali dell’istituto.  
- Cultura e città: partecipare a eventi locali dedicati alle scuole secondarie, quando disponibili, per portare l’inclusione fuori dall’aula e dentro la comunità.

Un impegno che resta
La giornata di oggi serve a far partire conversazioni e scelte che durino tutto l’anno scolastico, non solo 24 ore. Includere non è “aiutare qualcuno”: è costruire una scuola migliore per tutti, dove ciascuno trova modi concreti per partecipare e crescere insieme.

martedì 2 dicembre 2025

PresepiAmo tra contrade, grotte e fontane a Pozzolo


L'iniziativa "PresepiAmo tra contrade, grotte e fontane a Pozzolo" è un evento che propone la visita di ben 38 presepi, espressione dell'arte popolare, allestiti lungo due percorsi naturalistici nel territorio di Pozzolo di Villaga, in provincia di Vicenza. I presepi sono collocati in diverse contrade, grotte naturali e fontane, offrendo un percorso suggestivo a piedi tra elementi naturali e culturali del luogo.

L'evento si svolge generalmente tra fine novembre e l'inizio di febbraio, con il sentiero segnalato che parte dal parcheggio davanti alle scuole in via Don Giovanni Cosaro. L'iniziativa è organizzata da volontari locali con il patrocinio del Comune di Villaga, e intende valorizzare il patrimonio artistico popolare e la tradizione del presepe nelle forme più autentiche e tipiche della zona.

Si tratta di un'occasione per camminare immersi in paesaggi caratteristici, scoprendo lungo il percorso presepi di diversa grandezza e composizione, integrati armoniosamente negli scorci storici e naturali di Pozzolo, creando un'esperienza legata alla tradizione natalizia e alla cultura locale.

Visita 

lunedì 1 dicembre 2025

L’ora di IRC è un’esperienza che rimane

L’ora di IRC è un’esperienza che rimane, non un’ora “in più” ma un tempo per crescere nella vita e nelle domande profonde, aperto a tutti, credenti e non credenti.

Perché scegliere IRC?  
Perché a scuola c’è bisogno anche di uno spazio dove parlare di senso, di domande grandi, di futuro, di giustizia, di pace, di relazioni, non solo di verifiche e voti.
Chi ha fatto IRC ricorda volti, dialoghi, momenti che l’hanno aiutato a capire meglio sé stesso, gli altri, Dio e il mondo; è un’ora che lascia tracce nella memoria e nella vita, non solo sul registro.

Nel tuo percorso scolastico l’IRC ti offre uno spazio diverso:  
- per fare domande senza paura;  
- per confrontarti su fede, valori, attualità;  
- per conoscere la tradizione cristiana che ha segnato la nostra cultura;  
- per imparare a dialogare rispettando le differenze.  

Non è catechismo, non è per ‘chi crede già’: è un laboratorio di pensiero, di umanità e di speranza, aperto a tutti.  
Se scegli IRC, scegli di prenderti sul serio.
 

“Se vuoi saperne di più, chiedi al tuo insegnante o in segreteria, oppure visita il sito della diocesi dedicato all’IRC.”

Vedi video


 

domenica 30 novembre 2025

Il sogno di Isaia: "Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri"

La prima lettura di questa domenica di Avvento (Is 2,1-5) è uno di quei testi che “accendono” l’immaginazione: Isaia sogna un mondo in cui le spade diventano aratri, le lance falci, e le nazioni smettono non solo di farsi la guerra, ma perfino di studiarne l’arte. È un’immagine talmente forte che ha attraversato secoli, ispirato teologi, movimenti per la pace, artisti, politici – fino ad arrivare alle nostre crisi globali di oggi.

Il sogno di Isaia
Il contesto è quello di Gerusalemme, città piccola e fragile circondata da potenze ben più forti, ma che Isaia vede trasformata in “montagna del Signore” verso cui convergono tutte le genti. Non è un sogno intimista: è politico, concreto, perché riguarda le relazioni tra popoli, la gestione dei conflitti, l’uso delle risorse. “Egli sarà giudice fra le genti e arbitro fra molti popoli”: la pace non nasce dal gioco di alleanze o di armi, ma dal riconoscere un giudice più alto dei nostri interessi, un criterio di giustizia che non si compra e non si manipola.
L’immagine della trasformazione delle armi in strumenti agricoli è radicale: non si tratta solo di “mettere via” le spade, ma di rifonderle, di cambiare destinazione alla materia stessa della violenza. Ciò che serviva a fare danno diventa strumento di fecondità: è una vera conversione storica, economica, culturale.

Dalla Bibbia alla storia
Non stupisce che questa pagina di Isaia sia risuonata in tanti momenti di crisi storica. Il motto “Swords into ploughshares” è entrato persino nel linguaggio politico internazionale: una famosa scultura con questo tema campeggia vicino al palazzo delle Nazioni Unite a New York, come monito perché la diplomazia non sia solo gestione dei conflitti, ma costruzione di un ordine nuovo. Nei secoli, predicatori, movimenti cristiani e gruppi pacifisti hanno assunto queste parole come “programma” di un cristianesimo che non si accontenta di condannare la guerra, ma lavora perché le strutture militari, economiche e culturali vengano trasformate in reti di cooperazione e di cura.

Nel Novecento, segnato da due guerre mondiali e dalla corsa agli armamenti, Isaia 2,4 ha accompagnato appelli alla pace di papi, teologi e laici impegnati. Non si tratta solo di un versetto da incorniciare, ma di un criterio per giudicare le scelte dei popoli: quante energie, quante intelligenze, quanti soldi “fusi” nelle armi potrebbero diventare scuole, ospedali, ricerca, tutela del creato?

La Pira e la profezia della pace
Tra le figure più affascinanti che si sono lasciate ispirare da Isaia c’è Giorgio La Pira, sindaco di Firenze, uomo politico e mistico insieme, che parlava spesso del “piano di Dio per la pace” nella storia. La Pira vedeva le profezie bibliche non come evasione spirituale, ma come “progetti” di Dio destinati a incarnarsi, se gli uomini accettano di collaborare: la pace, per lui, non era un’utopia ingenua ma la direzione obbligata della storia letta alla luce del Vangelo.
In più occasioni La Pira ha richiamato proprio Isaia come fondamento di un ordine internazionale diverso, basato sul dialogo tra i popoli, la riduzione degli armamenti e la centralità dei poveri. Chi lo vedeva volare da una capitale all’altra, bussando alle porte dei “grandi” della terra, coglieva come la profezia biblica si traducesse in diplomazia artigianale, in incontri, in gesti concreti: quelle spade da trasformare in aratri diventavano, nel suo sguardo, bilanci pubblici da riconvertire, fabbriche da ripensare, città da aprire alla fraternità.

Un testo che parla all’oggi
Oggi la geografia dei conflitti è drammaticamente fitta: guerre dichiarate e “guerre a pezzi”, tensioni che attraversano continenti, produzione di armi in crescita nonostante appelli e trattati. Proprio per questo Isaia 2,1-5 suona quasi scandaloso: “non impareranno più l’arte della guerra” in un tempo in cui la tecnologia bellica è una delle industrie più avanzate al mondo. Eppure la profezia insiste: “Venite, camminiamo nella luce del Signore”, come se dicesse che nessun realismo politico è davvero realistico se rinuncia al Vangelo della pace.
Che cosa pensare di politiche che aumentano la spesa militare mentre si tagliano welfare, scuola, sanità? Che cosa annunciare alle giovani generazioni, bombardate da notizie di guerra e allo stesso tempo affamate di senso e di futuro? Isaia invita a non rassegnarsi: la storia non è condannata al ciclo eterno di violenza, c’è una “montagna del Signore” verso cui mettersi in cammino.
 

Camminare nella luce
Il testo si chiude con un invito: “Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore”. Come?
- Rileggere le notizie alla luce di Isaia: non solo “che cosa è successo”, ma “che cosa questo dice della nostra fame di pace e di giustizia?”.
- Sostenere – anche con piccole scelte – percorsi di riconciliazione, associazioni che lavorano per il disarmo, progetti che trasformano “armi” sociali (odio, esclusione, linguaggio violento) in “aratri” (dialogo, inclusione, cura).
- Educare alla pace: nelle famiglie, nelle scuole, nelle comunità, imparare il difficile artigianato del perdono, della mediazione, della nonviolenza attiva.

In fondo, la profezia di Isaia non chiede solo di credere che un giorno le spade diventeranno aratri, ma di iniziare – qui e ora – a prendere in mano il “metallo” dei nostri conflitti e a rifonderlo in gesti nuovi. È il modo più evangelico e più concreto di vivere l’Avvento: non soltanto aspettare che la pace venga, ma lasciarsi trasformare dall’Atteso perché, attraverso di noi, il mondo impari finalmente l’arte della pace. 

Un "Giro per Gaza"

Oggi, domenica 30 novembre 2025 a Vicenza si tiene il "Giro per Gaza," una staffetta ciclistica che simbolicamente disegnerà il perimetro della Striscia di Gaza sul territorio locale. La partenza è alle 8:30 da Piazza Matteotti a Vicenza, con i partecipanti divisi in due gruppi: uno si dirigerà verso nord (Alto Vicentino) e l'altro verso sud (Camisano e dintorni). Alle 12:30 è prevista anche una partenza per un giro più breve che arriva fino a Longare e ritorno. Durante il percorso ci saranno tappe con incontri di comunità locali, e il rientro è previsto alle 15:00 sempre in Piazza Matteotti, seguito da momenti di condivisione, testimonianze e musica.

L'iniziativa prevede una raccolta fondi a favore dei Gaza Sunbirds, un team di ciclismo paralimpico di Gaza, con possibilità di donazioni tramite conto bancario di Cicletica.