giovedì 10 agosto 2023

La Cina inasprisce i controlli sulle attività religiose

Croci rimosse, pastori arrestati e mantenuti in fermo amministrativo per la sola colpa di praticare la fede, luoghi di culto costretti a sostenere la campagna di “sinicizzazione” secondo l’ideologia del presidente Xi Jinping. Nelle ultime settimane in Cina si registra una ulteriore escalation nella stretta sulle attività religiose, dalla pastorale alle funzioni. Restrizioni che trovano un corrispettivo anche sul piano legislativo: dal primo settembre, infatti, saranno in vigore nuove regole che intensificheranno “il controllo” su monasteri, templi, moschee, chiese e altri luoghi di pratica della fede, che “vieteranno i legami con organizzazioni d’oltremare [estere]” e dovranno garantire “una educazione patriottica ai credenti”.

Pastore arrestato
In tema di arresti è di questi giorni la notizia, rilanciata da un blog cristiano cinese, della detenzione del pastore Park Guangzhe della Christian New Life Church di Nanning, nel Guangxi, regione autonoma nel Sud, al confine con il Vietnam. Il leader cristiano è stato trattenuto per 15 giorni in base a un provvedimento di “fermo amministrativo”, con l’accusa di aver “usato la religione” per “disturbare l’ordine sociale”. 
 
Wenzhou, croci nel mirino
Intanto il governo di Wenzhou, città-prefettura nella parte sud-orientale della provincia dello Zhejiang, sulla costa est della Cina, è pronto a riprendere come già fatto in passato la rimozione forzata delle croci sulle facciate dei luoghi di culto. Il 3 agosto scorso una chiesa di Dongqiao ha ricevuto un avviso in base al quale verrà rimosso il simbolo religioso; in risposta, i leader cristiani hanno emanato una nota in cui invitano i fedeli a pregare contro la rimozione. Verranno tolte anche le targhe di bronzo appese su porte e muri recanti le scritte “Gesù”, “Cristo”, “Geova” ed “Emmanuel”.

Lo Zhejiang è una provincia con un’elevata popolazione cristiana ed è fra gli obiettivi primari della politica di controllo e “sinicizzazione” voluta dal presidente Xi Jinping sulle religioni e la pratica del culto. Già in passato, fra il 2014 e il 2016, si sono registrate oltre 1500 demolizioni di luoghi di culto e di rimozione di croci o altri simboli religiosi dalle facciate. 
La campagna di rimozione si è poi estesa in altre province, fra le quali quella dell’Henan, dove si è registrato un massiccio abbattimento di croci nel 2018, affiancato al rogo delle Bibbie e alla distruzione di targhe e altri simboli religiosi, fra cui frasi di ispirazione cristiana, nelle case dei fedeli.

La “sinicizzazione” del culto
Fra le regole per i luoghi di culto - pubblicate sul sito web del Dipartimento di lavoro del Fronte unito (Dlfu), che risponde direttamente al Comitato centrale del Pcc - si legge: “Nessuna organizzazione o individuo può utilizzare i siti di attività religiose per condurre atti che mettano in pericolo la sicurezza nazionale, turbino l’ordine sociale o danneggino gli interessi nazionali”. I responsabili dei luoghi di culto, prosegue il documento, che saranno sottoposti a un controllo accurato da parte dei funzionari degli Affari religiosi, devono “amare la madrepatria e sostenere la leadership del Partito comunista cinese e il sistema socialista”.

Leggi da Lanterne rosse, Asianews

Nessun commento:

Posta un commento