lunedì 9 settembre 2019

Oggi si ricorda San Pietro Claver

Scopro oggi un uomo che si definí "Schiavo degli africani per sempre".
La sua storia risale all'anno del Signore 1610, eppure contiene un messaggio cosí prezioso ed attuale!
Sul galeone "San Pietro" giunse alla baia della città di Cartagena, nella provincia di Nuova Granada (l'attuale Colombia), insieme ad altri tre confratelli della "Compagnia di Gesù".

"Che cosa devo fare per amare veramente Gesù?" aveva chiesto Pietro al padre portinaio Alonso Rodriguez nel Collegio di Montesion, nell'isola di Maiorca. Il santo interlocutore gli indicó la missione attraverso il mare, per prendersi cura delle anime di coloro che furono spogliati dall'avidita dei colonizzatori.

La città di Cartagena costituiva a quell'epoca uno degli snodi principali di commercio tra l'Europa e il nuovo continente, e insieme a Veracruz, nel Messico, erano gli unici due porti autorizzati per l'introduzione di schiavi africani nell'America Spagnola. Si calcola che circa diecimila schiavi arrivavano annualmente in questa città, portati da mercanti, generalmente portoghesi e inglesi, che si dedicavano a questo vile e crudele commercio.

Questi poveri esseri, strappati dalle coste dell'Africa, venivano condotti nel fondo delle stive delle navi per poi essere venduti come semplici oggetti. Essi erano destinati al lavoro nelle miniere e nelle fattorie dove, dopo una vita senza speranza, morivano miserevolmente senza l'aiuto della religione.

La sintesi della sua vita: Petrus Claver, aethiopum semper servus. - "Pietro Claver, schiavo degli africani per sempre".



Decise di dedicare la vita a prendersi cura degli schiavi africani.

Quegli poveri uomini abbruttiti da una vita selvaggia ed esausti dal viaggio realizzato in condizioni disumane, lo guardavano con timore e diffidenza, ma egli li salutava con gioia e grazie ai suoi aiutanti ed interpreti neri - ne aveva più di dieci - diceva loro: "Non temete! Sono qui per aiutarvi, per alleviare i vostri dolori e malattie". Queste erano solo alcune delle frasi con cui egli portava consolazione e conforto, ma più che le parole, parlavano le sue azioni: battezzava i bambini moribondi, accoglieva tra le sue braccia gli infermi, distribuiva a tutti bevande e alimenti e si faceva servo di quegli sventurati.

Pietro Claver usciva tutti i giorni a catechizzare gli schiavi.
Né i caldi estenuanti, né le piogge torrenziali, tanto più le critiche ed incomprensioni da parte dei suoi fratelli di vocazione, niente hanno raffreddato la sua carità.
Molto spesso batteva alla porta delle dimore signorili per chiedere dolci, regali, vestiti, denaro e anime risolute che lo aiutassero nel suo duro apostolato. Spesso nobili capitani, cavalieri e ricche e devote signore lo seguivano fino alle misere abitazioni degli schiavi.

Dopo 35 anni di intensissimo lavoro apostolico, a 70 anni di età, si è ammalato gravemente. Poco a poco si sono paralizzate le estremità delle sue membra ed un forte tremore agitava continuamente il suo corpo estenuato. È diventato "una specie di statua della penitenza con la dignità di persona", riferisce una testimone.

Gli ultimi quattro anni della sua esistenza terrena, egli li ha trascorsi immobilizzato nella infermeria del convento. Per quanto incredibile possa sembrare, quest'uomo che era stato l'anima della città, il padre dei poveri e il consolatore di tante sventure, è stato completamente dimenticato da tutti e sommerso nell'oblio e nell'abbandono.

Dalla Rivista Araldi del Vangelo, Settembre/2005, n. 19, p. 20 - 23

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