Quest’anno la Conferenza ONU sul clima in Brasile ha segnato un vero spartiacque: mai prima d’ora la partecipazione delle popolazioni indigene è stata così numerosa e visibile! Oltre 3.000 rappresentanti da più di cento popoli hanno animato Belém, danzando, cantando, manifestando e portando nei corridoi della COP la forza della foresta, delle culture ancestrali e una richiesta chiara: ascoltate la nostra saggezza, proteggete la Terra che è la nostra casa comune.
Messaggi chiave delle tribù in prima linea:
“La nostra terra non è in vendita” gridavano i Munduruku, mentre il grande capo Raoni Kaiapó ricordava: “Le foreste devono restare vive: senza ombra e aria non possiamo respirare!”.
Sônia Guajajara, ministra per i Popoli Indigeni, ha ribadito come la difesa dell’Amazzonia e della biodiversità sia una missione che riguarda tutti: “Le popolazioni indigene sono le prime a preservare la foresta. La giustizia climatica nasce dalla loro saggezza e resistenza”.
Txai Surui, giovane leader amazzonica, ha lanciato un appello: “Non vogliamo più promesse, ma cambiamenti concreti. Basta passi indietro: la COP in Amazzonia deve essere il momento in cui la voce dei guardiani della foresta diventa azione”.
Non sono mancati momenti di tensione, con proteste, sit-in e vere e proprie marce da parte degli indigeni, che hanno ottenuto finalmente spazi di dialogo con i leader internazionali – seppur non senza polemiche sull’effettiva inclusione nei negoziati ufficiali.
Perché questa partecipazione è storica?
Per la prima volta, oltre 1.000 indigeni hanno avuto accesso diretto ai negoziati ufficiali (zona blu) della COP. I loro messaggi sono diventati il volto della conferenza, chiedendo la fine dei combustibili fossili, l’implementazione reale degli impegni climatici e il rispetto dei diritti dei popoli originari. Le maracas, i canti e le danze tribali hanno reso la COP non solo un vertice politico, ma una festa di identità, memoria e richieste di giustizia climatica.
Le comunità tribali e indigene hanno dimostrato che difendere la Terra è difendere la vita e che la loro presenza non è folkloristica, ma fa la differenza tra promesse e cambiamenti veri. Il futuro del pianeta passa da chi lo vive, lo custodisce e lo difende ogni giorno, con la forza della tradizione e la voce della foresta.
Ascoltare gli indigeni è ascoltare il futuro. Il loro messaggio è chiarissimo: non possiamo mangiare i soldi, possiamo solo vivere se la Terra resta viva!

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