mercoledì 26 giugno 2019

La libertà di culto in Cina

Un documento emanato in Fujian dal titolo “Lettera di impegno per i responsabili dei luoghi di culto e per le persone consacrate” va sottoscritto da ogni sacerdote per poter essere parroco ed esercitare il suo ministero, nei limiti previsti, altrimenti rimarrà disoccupato e potrà essere rispedito a casa sua. Lo stesso per le suore, le “persone consacrate” (in Cina il governo non permette la vita religiosa maschile).
Fra le cose richieste da sottoscrivere vi sono:
1. L’aderire al fatto che si deve “proibire l’ingresso nella Chiesa ai minorenni”, o “non organizzare corsi di formazioni per i minorenni”. In pratica é messo al bando il catechismo e la formazione cristiana che sono una delle attività fondamentali della Chiesa, nonostante nel Vangelo Gesù dica ai suoi discepoli “Lasciate che i bambini vengano a me” (Matteo 19,14). L’ordine  peró è contrario anche alla costituzione cinese che garantisce la libertà religiosa senza porre alcun limite di età.
2. In nome dell’indipendenza, “boicottare consapevolmente gli interventi degli stranieri; non contattare potenze straniere, non accogliere gli stranieri, non accettare interviste, formazioni o invito di convegni all’estero”. In pratica: rimanere isolati e non condividere la fede con altri cattolici sparsi nel mondo. Anche questo contravviene alle Convenzioni Onu in materia di libertà religiosa e diritti civili, che pure Pechino ha firmato il 5 ottobre 1998, ma che non ha mai ratificato.
3. Una serie di limiti all’evangelizzazione: non si può cantare senza permesso; non si possono esporre – a casa propria – “manifesti e insegne” a “fini evangelici”; non si possono postare online argomenti religiosi…

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